Sono in aumento le segnalazioni di casi di linfoma a larghe cellule anaplastico, un raro tipo di tumore del sistema immunitario, legato alle protesi per il seno.
Lo afferma un rapporto dell’Fda statunitense, secondo cui dal 2011, anno in cui è stata notata l’associazione per la prima volta, al 30 settembre 2017 ci sono stati 414 casi segnalati con nove morti, mentre fino al marzo dello stesso anno erano 359.
Circa metà dei casi, spiega il rapporto, si sono verificati entro 8-9 anni dall’impianto. Il tumore si sviluppa nelle capsule di tessuto circatriziale che si formano intorno all’impianto, è normalmente trattabile con la semplice rimozione e difficilmente dà conseguenze gravi, anche se nei casi peggiori servono anche chemio e radio. La formazione sembra essere legata al tipo di protesi usata, con quelle ruvide che sono più pericolose di quelle lisce, mentre il riempimento non sembra influire.
Solo le donne che riscontrano qualche problema con gli impianti, dal gonfiore alla formazione di noduli al dolore, dovrebbero preoccuparsi, sottolinea l’Fda, secondo cui il problema riguarda una percentuale tra uno su 3800 e uno su 30mila impianti. “Se una donna con le protesi non ha problemi non c’è motivo di rimuoverle – si legge nel comunicato -, e il linfoma sembra essere molto raro. Ma chi sceglie di farsi impiantare le protesi deve essere informato del potenziale problema, e del rischio aumentato con le protesi ruvide”. Sul perchè la struttura delle protesi sia importante ancora non ci sono ipotesi, afferma al New York Times Alex Wong, chirurgo plastico dell’università di Southern California. “I test di laboratorio hano mostrato che i tessuti animali reagiscono diversamente a livello di attività genetica alle protesi lisce e ruvide, ma ancora non abbiamo capito per quale motivo questa caratteristica conta”.