Oltre 700 visitatori in un solo giorno, più di cinquantamila in un anno. I numeri dicono che è uno dei siti più visitati. Cosa viene a cercare tanta gente a “Casa memoria”? «Viene a rivivere l’impegno civile, la lotta per i diritti, la storia di Peppino», dice Giovanni Impastato, fratello del militante di sinistra ucciso a Cinisi 40 anni fa dalla mafia con una bomba che doveva accreditare l’idea di un terrorista dilaniato mentre cercava di compiere un attentato.
Impastato venne assassinato il 9 maggio 1978, lo stesso giorno in cui le Brigate Rosse facevano ritrovare a Roma il corpo di Aldo Moro. La tesi dell’attentato fallito, subito accreditata dagli investigatori, venne poi ribaltata dall’inchiesta del giudice Rocco Chinnici dalla quale è scaturito il processo concluso con la condanna all’ergastolo di don Tano Badalamenti, il boss di Cinisi che Impastato attaccava e derideva dai microfoni di Radio Aut.
A «Casa memoria», come racconta il film «I cento passi», Impastato è vissuto con la madre Felicia e il fratello Giovanni i momenti più importanti della sua giovane vita e del suo impegno politico.
Oggi è un luogo simbolico dove migliaia di persone, tanti giovani e molti studenti si ritrovano, dice Giovanni Impastato, per un ideale «passaggio di testimone». E questo è anche il senso del messaggio che i familiari e gli amici di Peppino hanno affidato alle iniziative promosse per i 40 anni dal delitto. Incontri, dibattiti, momenti musicali si concluderanno il 9 maggio con una riflessione su mafia e antimafia dagli anni Settanta a oggi e un intervento sul lavoro e i diritti con l’intervento di Susanna Camusso, segretaria generale della Cgil. Sempre il 9 maggio gli studenti che hanno partecipato a un progetto antimafia si ritroveranno davanti al casolare dove venne trovato il corpo di Impastato.
«In questi anni – dice il fratello Giovanni – abbiamo coinvolto tante scuole e tanti ragazzi perché a loro vogliamo consegnare una grande storia nella quale si ritrovano i valori della legalità e la difesa dei diritti civili».
«Contro le sopraffazioni bisogna tenere la schiena dritta», ammoniva mamma Felicia sfidando le convenzioni dell’ambiente e i legami di famiglia con la mafia. «Lei – aggiunge Giovanni – ci ha dato la forza morale per portare fino in fondo la rivolta delle coscienze. E se dopo 40 anni tanta parte della società e la migliore gioventù si riconoscono in questi principi vuol dire che è stato raggiunto l’obiettivo più importante. Consideriamo questa una vittoria più importante della stessa condanna di chi ordinò il delitto». Per Giovanni Impastato il «passaggio di testimone» dovrà avere anche un significato educativo. «In questi 40 anni – dice – non ci siamo mai persi dietro pratiche retoriche e messaggi rituali. Abbiamo cercato di affermare invece il grande valore della disobbedienza alle ingiustizie e alle sopraffazioni. E in questo modo abbiamo sottratto spazio e consensi alla cultura mafiosa. Era quello che Peppino faceva. Era così che metteva in movimento tanti ragazzi e ragazze della sua generazione. Adesso toccherà a una nuova generazione far sentire la sua voce e la voce di chi si impegna per la giustizia e la libertà».