Una delicata, sensibile riflessione sul “fine vita”. È il focus dello spettacolo “L’ombra di Euridice”, secondo dei cinque appuntamenti di “Altrove”, la rassegna itinerante di nuova drammaturgia promossa dal Teatro Stabile di Catania nei luoghi storici della città. Ad ospitare in prima nazionale la messinscena del testo di Mario Giorgio La Rosa sarà la Corte di Castello Ursino (dal 7 al 10 e dal 15 al 17 giugno). Si tratta di una prima nazionale la cui regia è stata affidata ad Angelo D’Agosta, l’ideazione e realizzazione dell’impianto scenico sono frutto del team del Teatro Stabile di Catania; i costumi sono di Riccardo Cappello; arrangiamenti e musiche di Vincenzo Gangi; arrangiamenti corali e voce solista Costanza Paternò; coreografie e movimenti scenici Amalia Borsellino, luci Salvo Orlando. Ne sono interpreti Liliana Randi, Filippo Brazzaventre, Angelo D’Agosta, Giovanna Mangiù, Amalia Borsellino, Costanza Paternò. Regista assistente è Agnese Failla; un ringraziamento va a Giovanni Anfuso per aver prestato la voce fuori campo.
«Quanti ricordano che Orfeo è stato un Argonauta? Per quali dei suoi viaggi è stato raccontato nei secoli?» si chiede l’autore Mario Giorgio La Rosa. Sottolinea a proposito il regista Angelo D’Agosta: «Per essere esatti, nella tradizione mitologica, Orfeo non è un poeta, Orfeo è, egli stesso, la poesia. La poesia che si fa uomo e scende tra gli uomini, e, dopo la sua morte, s’impossesserà degli uomini, facendo, di loro, poeti. Volendo invece soffermarsi sulla sua natura umana, Orfeo è un poeta. Come afferma l’autore, non è la sua partecipazione all’impresa degli Argonauti il motivo per cui è conosciuto. Un altro è il viaggio che lo vede protagonista e per cui è ricordato. Orfeo, salpa con gli Argonauti, armato solo della sua cetra. Orfeo è il poeta che “parte alla guerra”. Come Ungaretti, che, circondato da morte e miseria, vegliando un compagno morente sotto la luna, ha la forza di scrivere lettere piene d’amore, così Orfeo, perché la poesia salva la vita … ma non la restituisce».
Per quale impresa sarà dunque ricordato Orfeo? Spiega ancora Agosta: «È il viaggio per riportare dal Regno degli Inferi l’amata Euridice, la più famosa delle sue imprese. Fu un’impresa fallimentare però. Si racconta che Orfeo, giunto quasi alla fine del viaggio, si volta verso di lei, ed Euridice sparisce. La poesia può salvare la vita, ma non restituirla. Questo spettacolo non vuole indagare sulle ragioni che hanno portato Orfeo a voltarsi, rendendo vana la sua fatica. Parafrasando Hugo Pratt, che, con il suo Corto Maltese, racconta di “altri Romei e di altre Giuliette”, questo spettacolo racconta di “altri Orfei e di altre Euridici”. Si racconta di un viaggio all’inferno, il viaggio di chi, vedendo la persona amata spegnersi lentamente, un poco alla volta, non riesce né a trattenerla né a farla andare via. Perché spesso andare è un sollievo al dolore … di chi va, non per chi resta».