35 anni fa il giudice Rocco Chinnici, all’età di 58 anni, fu ucciso mentre stava per recarsi a lavoro, con una fiat1 26 colma di esplosivo posteggiata davanti alla sua abitazione in via Pipitone a Palermo. In un attimo Palermo divenne come Beirut.
Grazie alle sue intuizioni riuscì a far conoscere le reali dimensioni internazionali di Cosa Nostra, i legami con la ‘ndrangheta e la camorra, e le connessioni con l’alta finanza, la politica e l’imprenditoria. Il Pool Antimafia l’istituzione che diede una svolta decisiva alla lotta alla mafia nasce da una sua idea e le indagini che Rocco Chinnici condusse fino a pochi giorni prima di morire costituirono le basi del procedimento istruito dal pool di Antonino Caponnetto, Giovanni Falcone, Paolo Borsellino, Leonardo Guarnotta e Giuseppe Di Lello, che portò al maxiprocesso di Palermo.
La sua vita fu una vita spesa per gli ideali di giustizia e legalità. Amava parlare ai giovani in modo da creare una nuova coscienza spiegando come si arricchiscono i mafiosi e il loro modo di fare politica attraverso la violenza.
In una sua celebre frase diceva: “Parlare ai giovani, alla gente,i fa parte dei doveri di un giudice. Da soli, non ce la faremo mai“. Grazie a uomini retti ed onesti come Chinnici e tutte le vittime di mafia che hanno sacrificato la propria vita le persone hanno deciso di ribellarsi e non subire più le vessazioni dei prepotenti. il 29 luglio ma non solo oggi è giusto ricordare chi ha cercato di ridare a questa terra la luce e la bellezza di cui è ricca, eliminando tutto il marciume che oscura la Sicilia e il suo immenso e storico patrimonio umano e culturale.
Dalla sua morte sono cambiate molte cose, la gente non ha più timore di parlare di mafia o denunciare ma combatte a testa alta consapevole che non dovranno esserci più padroni da servire.
Elisa Guccione