ROMA – Dopo Google, anche Facebook non consentirà più la pre-installazione delle sue applicazioni sugli smartphone Huawei che usciranno sul mercato in futuro. Lo riporta in esclusiva l’agenzia Reuters sul suo sito. La mossa arriva in seguito all’iscrizione di Huawei nella lista nera del commercio Usa, che prevede il divieto per l’azienda cinese di comprare beni e servizi dalle aziende statunitensi.
Gli smartphone Huawei attualmente in commercio non saranno interessati, mentre quelli che la società lancerà in futuro arriveranno nei negozi senza avere a bordo le applicazioni dell’ecosistema Facebook e cioè, oltre al social blu, WhatsApp, Instagram e Messenger. Gli utenti, tuttavia, potranno scaricarle e installarle.
«Stiamo rivedendo la normativa finale del Dipartimento del Commercio e la licenza generale emessa di recente per assicurarci di agire in conformità», ha fatto fa sapere un portavoce di Facebook, in riferimento alle notizie di stampa che annunciavano lo stop, da parte dell’azienda, della fornitura di app preinstallate sui dispositivi Huawei, nell’ambito dell’applicazione delle norme volute dall’amministrazione Trump.
Google intanto come è noto potrebbe bloccare la fornitura del sistema operativo Android e gli aggiornamenti di sicurezza al colosso cinese, senza però andare ad incidere sui telefoni e tablet già venduti in tutto il mondo.
Ma secondo il Financial Times, Google teme che che il bando contro Huawei metta a rischio la sicurezza nazionale. Se Huawei non potrà avere gli aggiornamenti del sistema operativo Android da Google – è il ragionamento del colosso californiano – la società cinese svilupperà una sua versione modificata di Android, che renderà gli smartphone meno sicuri e più suscettibili di essere hackerati, anche dalla Cina.
Secondo il Financial Times, nelle ultime settimane Google avrebbe approcciato il Dipartimento del commercio per discutere dell’iscrizione di Huawei nella «lista nera», che impedirà all’azienda si Shenzhen di comprare prodotti Usa una volta scaduta una licenza temporanea di 90 giorni. Google avrebbe chiesto un’ulteriore proroga della licenza, oppure di essere esonerata in toto dal divieto. Stessa richiesta sarebbe stata avanzata dai produttori di chip americani come Qualcomm.