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La Corte costituzionale ha deciso:  «È lecito l’aiuto per il suicidio assistito»

La Corte costituzionale ha deciso: «È lecito l’aiuto per il suicidio assistito»

26.09.2019.

La Corte costituzionale ha deciso sul caso del radicale Marco Cappato – che fa parte dell’associazione Luca Coscioni – che fornì l’aiuto a Dj Fabo, cieco e tetraplegico, per compiere in Svizzera il suicidio assistito. Una pratica oggi punita dal Codice penale in Italia. La Consulta doveva decidere sulle questioni sollevate dalla Corte d’assise di Milano sull’articolo 580 del Codice penale riguardanti la punibilità dell’aiuto al suicidio di chi sia già determinato a togliersi la vita.

L’esito è stato questo: «In attesa di un indispensabile intervento del legislatore, la Corte ha subordinato la non punibilità al rispetto delle modalità previste dalla normativa sul consenso informato, sulle cure palliative e sulla sedazione profonda continua (articoli 1 e 2 della legge 219/2017) e alla verifica sia delle condizioni richieste che delle modalità di esecuzione da parte di una struttura pubblica del SSN, sentito il parere del comitato etico territorialmente competente – spiega l’Ufficio stampa della Consulta -. La Corte sottolinea che l’individuazione di queste specifiche condizioni e modalità procedimentali, desunte da norme già presenti nell’ordinamento, si è resa necessaria per evitare rischi di abuso nei confronti di persone specialmente vulnerabili, come già sottolineato nell’ordinanza 207 del 2018».

«La Corte costituzionale – aggiunge l’avv. Filomena Gallo, segretaria dell’Associazione Luca Coscioni e coordinatrice del collegio di difesa di Marco Cappato – apre la strada finalmente a una buona normativa per garantire a tutti il diritto di essere liberi fino alla fine, anche per chi non è attaccato a una macchina ma è affetto da patologie irreversibili e sofferenze insopportabili, come previsto dalla nostra proposta di legge di iniziativa popolare per l’eutanasia legale depositata alla Camera dei Deputati nel 2013. Mi auguro che finalmente il Parlamento si faccia vivo. Noi andremo avanti, e invitiamo a unire le forze laiche e liberali in occasione del Congresso dell’Associazione Luca Coscioni dal 3 al 6 ottobre a Bari».

Esistono tre termini riguardo alle scelte di fine vita per porre fine alle sofferenze di una malattia irrecuperabile, e tutte hanno lo scopo di rispettare la volontà del soggetto che intende terminare la sua esistenza. Quello che differisce è chi compie l’ultima azione.
EUTANASIA – Il termine deriva dal greco e letteralmente significa “buona morte”. «È l’atto finalizzato a provocare intenzionalmente la morte di un paziente d’accordo con la volontà di quest’ultimo da parte di un medico. Ne esistono due tipi, che vengono messe in atto sempre in accordo con il malato: l’eutanasia attiva, ovvero quando viene praticata ad esempio un’iniezione letale; e l’eutanasia passiva, quando cioè viene sospeso un farmaco salvavita come può essere l’idratazione artificiale. Non solo: può essere volontaria quando a richiederlo è lo stesso soggetto che ne usufruirà; non è volontaria se altri esprimono le volontà di un soggetto terzo, come un bambino.
SUICIDIO ASSISTITO – È la procedura scelta da Dj Fabo nel 2017. In questo caso il paziente chiede al medico di prescrivergli dei farmaci che sarà lui stesso a decidere di ingerire. Dunque il medico non agisce direttamente ma assiste il malato collaborando con lui. Qualora si tratti di un paziente che non è in grado di bere autonomamente, il gesto è sempre del malato che aziona con i movimenti che è ancora in grado di fare il sondino collegato ai farmaci letali. E’ il paziente a decidere quando morire.
DAT (DISPOSIZIONI ANTICIPATE DI TRATTAMENTO) – Si tratta delle disposizioni che una persona maggiorenne capace di intendere e di volere decide di fornire al medico per il futuro, quando non dovesse essere più capace di intendere e volere: disposizioni che richiedono espressamente di non essere sottoposto a trattamenti sanitari anche se salvavita. Le Dat possono essere stipulate da un notaio con una scrittura privata o con una scrittura semplice consegnata personalmente all’Ufficio dello Stato Civile del proprio comune di residenza. La dichiarazione deve essere stipulata davanti a due testimoni e può essere resa anche tramite videoregistrazione. Deve essere sempre firmata a mano. Le Dat possono essere revocate o modificate.

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