di Elisa Guccione
CATANIA – Giobbe Covatta con la sua “Commediola“, in scena per la rassegna “Teatri dell’Isola”, ritorna a Catania con un testo esilarante che prendendo spunto dalla Divina Commedia di Dante Alighieri spinge alla riflessione. Lo incontriamo poco prima del debutto facendoci travolgere dalla sua naturale simpatia, che lui definisce un dono divino, spaziando tra teatro, libri e televisione.
Com’è nata l’idea di questa messa in scena?
“È un piccolo inferno dantesco in cui il protagonista si muove nei gironi dell’infanzia del terzo mondo, ovvero dell’innocenza tradita, ed invece di trovare i colpevoli di quest’abominio si accorge che questo luogo immaginario di dannazione eterna è abitato dalle vittime ovvero dai bambini. La storia è un pretesto per raccontare la situazione dell’Africa”.
È molto legato al problema del terzo mondo con la sua infanzia violata
“Collaboro con “Save the children” con entusiasmo e sono uno dei fondatori di “Amref Italia”. Cerco, o almeno provo, a rendere partecipe il mio pubblico della mia esperienza di vita. Ripartirò a settembre per l’Etiopia e appena posso cerco sempre di ritornare e conoscere nuovi modi di vivere o meglio di sopravvivere, mantenendo una visione ampia di questo pianeta, che va al di là della porta di casa nostra”.
Come si avvicinato a queste tematiche?
“Quando ho capito che con il mio mestiere di comico avrei potuto in qualche modo aiutare i bambini o chi sta peggio non mi è sembrato vero di poter coniugare le due cose. Tutte le sere durante uno spettacolo incontro cinquecento persone, quando appaio in tv so che qualche milione di gente mi ascolterà e sono felice di raccontare storie che mi stanno a cuore, piuttosto che parlare del traffico di Napoli o di Roma”.
Ma qual è il suo desiderio più nascosto?
(ride)
“Da grande mi piacerebbe fare Piero Angelo che fa ridere. Vorrei raccontare cose che altri presumibilmente non sanno”.
Non è facile far ridere la gente, anzi sta diventando sempre più difficile
“Credo che sia un dono ricevuto, tutto il resto è una conseguenza”.
Lei è stato uno dei pochi eletti che ha ricevuto questo regalo
“È vero, ma bisogna trattarlo con molto rispetto ed umiltà. Come Bolle ha curato e sviluppato la sua capacità diventando il primo ballerino alla Scala, io nel mio piccolo con molta semplicità sono diventato Giobbe Covatta”.
Questa sua naturale ironia la trasferisce anche nella scrittura e nei suoi libri come “Parola di Giobbe” o “Pancreas trapianto di un libro cuore”
(ride)
“Tutto è nato perché l’editore mi ha convinto a scrivere un libro. Io non volevo farlo, ma alla fine c’è riuscito e devo dire che è stato molto lungimirante. Se mi chiedono qual è il segreto del successo dei miei libri rispondo che non lo so, perché se conoscessi la formula non farei altro che scrivere dei best seller”
Ci racconta come è diventato Giobbe Covatta?
“Non l’ho ancora capito. (ride) Dopo qualche anno che facevo questo mestiere solo per divertirmi sono arrivati gli appuntamenti in tv, gli impegni e l’affetto del pubblico. Mi sono accorto che c’erano delle aspettative che andavano oltre il puro divertimento e ho cominciato a pormi dei quesiti sul da farsi. Tutto è nato in modo casuale e questa casualità mista ad buona dose di passione e di arte ha dato i suoi frutti”.
Elisa Guccione