di Elisa Guccione
Ph Dino Stornello
CATANIA- Gli incontenibili e straordinari Pippo Pattavina e Tuccio Musumeci protagonisti a grande richiesta dell’applaudita pièce “Filippo Mancuso e Don Lollò”, dopo il gradito ritorno dopo ben dieci anni dalla “Concessione del telefono”, ultimo spettacolo che li ha visti recitare insieme, ritornano sul palco del Brancati per delle repliche speciali che li ha visti in questo scorcio del 2019 riformare l’amata e geniale coppia del nostro teatro. Un testo di Andrea Camilleri che, insieme al regista Giuseppe Dipasquale, scrive una pièce cucita addosso ai due grandi mattatori del palcoscenico. Pattavina e Musumeci, insieme agli attori Margherita Mignemi, Riccardo Maria Tarci, Franz Cantalupo, Lorenza Denaro e Luciano Fioretto in due ore abbondanti regalano alla gremita e partecipe risate e ottime intese su misura del loro grande talento.
Si ride con gusto sin dalla prima battuta riassaporando, anche grazie alle musiche di Matteo Musumeci, all’accurata regia di Giuseppe Dipasquale autore anche delle scene e i costumi delle Sorelle Rinaldi, il vero significato del teatro e la sua funzione terapeutica.
Filippo Mancuso, (Pippo Pattavina) proprietario terriero sottomesso al giogo mafioso, e Don Lollò, (Tuccio Musumeci) capo mafia di Vigàta che tutto può, ritornano in scena per impedire l’amore tra Berto, (Luciano Fioretto), il figlio un po’ tonto di Mancuso, e Lillina, (Lorenza Denaro) la bella e intelligente ma “sciancata” figlia di Don Lollò. Sullo sfondo di quest’amore contrastato c’è la richiesta da parte di Mancuso di raccomandare il figlio, che va aiutato in quanto troppo ingenuo e poco avvezzo al mondo del lavoro, per un comodo e sicuro impiego al Banco di Sicilia.
I meccanismi della commedia dell’arte, il genio di Camilleri che capovolge la realtà facendola diventare grottesca e surreale insieme a personaggi paradossali come Gegè il galoppino di Don Lollò, interpretato con estrema bravura da Franz Cantalupo, la stravagante cameriera Nunziatina, una sempre brava Margherita Mignemi, e padre Imbornone il parroco di Vigàta, realizzato con stile e perfezione da Riccardo Maria Tarci fanno di questa pièce dal finale a sorpresa un piccolo capolavoro che conquista anche lo spettatore più distratto che si fa piacevolmente rapire dallo stile inconfondibile, dal talento e dalla superba recitazione di una coppia di artisti che ha scritto le pagine più belle del nostro teatro.
Elisa Guccione