Le pentole in coccio con i resti delle pietanze più prelibate, dal capretto alle lumache e persino una sorta di «paella» con pesce e carne insieme. Il vino “corretto” con le fave e pronto per la mescita. E un grande bancone ad «elle» decorato con immagini così realistiche da apparire quasi in 3d: una coppia di oche germane, uno strepitoso gallo, un grande cane al guinzaglio sopra al quale un buontempone aveva graffito un insulto omofobo. A Pompei, dove gli scavi non si sono mai fermati neppure nei giorni del lockdown, torna alla luce quasi intatto un Thermopolium, di fatto una bottega di alimentari con smercio di street food, genere molto amato dai cittadini della colonia romana. Tutto quasi fermo nel tempo al giorno dell’eruzione, fissato nell’eternità dal materiale piroplastico, che ne ha sigillato gli straordinari colori e conservato elementi fondamentali per ricostruire usi alimentari e abitudini dei romani di duemila anni fa.
Collocato nella Regio V, davanti ad una piazza di grande passaggio all’angolo fra il vicolo dei Balconi e la casa delle Nozze d’Argento, il nuovo Termopolio era stata individuato e parzialmente scavato nel 2019, quando era riemersa l’impronta lasciata sulla cenere da uno dei grandi portoni in legno ed era stato ritrovato il balcone del primo piano, insieme con una prima parte del bancone, quella che si affacciava sulla piazza, tra le più frequentate a Pompei, con la sua bella fontana in marmo. Forse per alludere al monumento che si trovava all’esterno, racconta Osanna, «quella prima parte del bancone era decorata con un tema mitologico, una Nereide che cavalca uno straordinario ippocampo dal corpo trasformato in un arcobaleno di colori». Ma sono stati gli scavi successivi, arrivati al clou nelle scorse settimane, a restituire insieme alle straordinarie decorazioni, al pavimento intarsiato di marmi policromi e al quadro completo dell’ambiente la sorpresa di una grande mole di informazioni che questa bottega dell’antichità potrà aggiungere alla conoscenza della storia. I resti dei piatti in menù, per esempio, «con l’impiego congiunto di mammiferi, uccelli, pesce e lumache nella stessa pietanza», come spiega nella sua relazione l’archeozoologa Chiara Corbino, di fatto una specie di paella antelitteram. O il particolare trattamento del vino, come racconta a sua volta l’archeobotanica Chiara Comegna, che era corretto con le fave (servivano a sbiancarlo e nello stesso tempo a correggerne il gusto) ma anche conservato in un dolo che aveva sul suo fondo una tegola per separare i legumi dal liquido ed evitare di mescere il vino insieme con il suo poco gradevole fondo. Senza parlare dello scheletro di un cagnolino trovato a un passo da bancone, proprio vicino al dipinto che ritrae un cane al guinzaglio: adulto ma di dimensioni così modeste da far pensare che già all’epoca si praticasse la selezione delle razze da compagnia. Una ricerca che è solo agli inizi e che promette di avere «sviluppi molto interessanti», sottolinea Osanna, sottolineando che le indagini stanno proseguendo ora nel chiuso dei laboratori. Ma quello che sembra raccontare il nuovo Termopolio è anche un altro tassello di quella devastante tragedia umana che fu l’eruzione del 79 dopo Cristo. Nel locale, dotato di secondo ambiente sul retro e di un piano superiore, sono stati trovati i resti di due uomini. Uno dei due, all’incirca cinquantenne, stando all’ipotesi dell’antropologa Valeria Amoretti, era sdraiato su un letto nel retrobottega, le ossa dell’altro – fatta eccezione per un piede – sono state trovate invece in un grande vaso, con tutta probabilità occultate lì da scavatori forse addirittura del XVII secolo che avevano indagato una parte di questo ambiente. «La bottega sembra essere stata chiusa in tutta fretta e abbandonata dai proprietari – spiega Osanna – ma è possibile che qualcuno, forse l’uomo più anziano, fosse rimasto al suo interno e che sia morto nella prima fase dell’eruzione, schiacciato dal crollo del solaio. Il secondo potrebbe essere invece un ladro o un fuggiasco affamato, entrato per racimolare qualcosa da mangiare e sorpreso dai vapori ardenti con in mano il coperchio della pentola che aveva appena aperto». Cosa sia veramente successo lo si potrà capire in seguito. Intanto, anticipa il direttore del Parco, il cantiere va avanti, «si lavora al consolidamento e al restauro della struttura, riposizioneremo anche il balcone». L’idea è di aprire alle visite il Thermopolium, pandemia permettendo, già in primavera, per Pasqua, allestendo un percorso che passi anche dal cantiere della casa delle Nozze d’Argento, una meraviglia chiusa al pubblico da decenni. Tant’è, Osanna che tra qualche mese passerà le consegne al suo successore, allarga le braccia e sorride: «In un momento così è bello pensare a un regalo per i nostri visitatori».