CATANIA – Arriva al Piccolo Teatro della Città, giorni 7 e 8 aprile alle 21,00 e domenica 9 alle 17,30, Nubendi, ultima fatica di Nino Romeo.
Un caffè d’epoca, la migliore pasticceria della città. Lì si incontrano Tilla, estetista specializzata in trattamento defunti, e Tello, pittore rinomato e ricercato perché capace di ritrarre gli ultimi istanti di vita.
Si promettono reciprocamente in matrimonio. Scoprono di avere relazioni antiche con Varo e Vira, i camerieri che li servono, anche loro promessi sposi.
Nel caffè entrano due giovani: lei aspetta un figlio e stanno per sposarsi.
I patti che le prime due coppie stringono reciprocamente, saranno sconvolti dalla determinazione dei due giovani. E non ci sarà ritorno.
Ciascuno dei quattro tipi umani (gli avventori Tilla e Tello; i camerieri Varo e Vira) che si affrontano e si confrontano in Nubendi è portatore di un proprio delirio; delirio etimologicamente inteso: andare oltre la lira, il solco dei latini: dunque, oltrepassare il consueto, la normalità. Delirio esistenziale, non patologico.
Il delirio di Tilla è il tempo; quello di Tello, lo spazio. Il comando è il delirio di Varo; il linguaggio il delirio di Vira.
E, quando avventori e camerieri si scambieranno gli abiti assumendo ciascuno il ruolo dell’altro, sembrerà che i deliri si ricompongano, che trovino il punto comune di convergenza proposto dal servitore Varo che si erge ad ideologo e mentore di un nuovo sistema di potere: l’intercambiabilità dei ruoli.
L’atto finale che il Giovane Uomo persegue ed in cui afferma di voler stare è frutto anch’esso di un delirio: la negazione del presente nonostante si aspiri al futuro.
“La stesura di Nubendi mi ha impegnato per anni (anni in cui, però, ho scritto altri testi teatrali): anche per questo mi è caro. E al mio delirio d’autore, che torna per anni sulle stesse pagine, ho voluto allineare il mio delirio di regista” afferma Nino Romeo.
“E questi deliri ho voluto trasferirli sulla scena: con levità senza frivolezze; con congruenza senza l’assillo della coerenza; chiedendo agli attori naturalezza, senza naturalismi”.