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Abusi su minori in nome di Dio da più di 25 anni: ad Aci Bonaccorsi la comunità che plagiava le giovani

Abusi su minori in nome di Dio da più di 25 anni: ad Aci Bonaccorsi la comunità che plagiava le giovani

03.08.2017.

CATANIA -Violentava minori avvalendosi della funzioni religiosa e della complicità di altre tre persone, tutte donne.   Per questo, dopo lunghe indagini, gli orchi sono stati arrestati.

I riflettori sono stati accesi sulla congregazione laica, “Associazione Cattolica Cultura e Ambiente” di Acibonaccorsi.  A finire nel mirino delle forze dell’ordine, come accennato, quattro persone ritenute responsabili di associazione a delinquere finalizzata alla violenza sessuale aggravata ai danni di minori.

Si tratta di:

  • Pietro Alfio Capuana, 73 anni (portato in carcere);
  • Fabiola Raciti, 55 anni (agli arresti domiciliari); addette alla cura giovani
  • Rosaria Giuffrida, 57 anni (agli arresti domiciliari); addette alla cura giovani
  • Katia Concetta Scarpignato, 48 anni (agli arresti domiciliari).

Ad aprire il vaso di pandora è stata la denuncia presentata dalla madre di una 15enne che, dopo avere controllato il cellulare della figlia, ha scoperto una conversazione nella quale la minorenne si confrontava con un’altra amica riguardo alle violenze che aveva subito.

Immediata è scattata l‘“Operazione 12 apostoli”, che il Compartimento di Polizia Postale e delle Comunicazioni di Catania ha eseguito, su coordinamento della Procura Distrettuale di Catania, durante la quale sono state ascoltate le testimonianze di sei persone: 3 di queste oggi sono ancora minorenni, le altre sono già donne mature.

Proprio questa disparità nell’età anagrafica delle abusate, ha fatto dedurre agli inquirenti che gli abusi si sono perpetrati per 25 anni. Sempre con lo stesso metodo, con la stesso triviale appetito sessuale da soddisfare.

In sostanza le piccole malcapitate venivano forzate psicologicamente sia da Capuana, sia da Raciti, Giuffrida e Scarpignato proprio per concedersi al 73enne.

Le tre donne finite in manette accompagnavano le bambine a casa di Capuana, dove le vittime di abusi dovevano lavare il corpo dell’uomo ed anche il suo appartamento e poi soddisfare tutte le sue esigenze sessuali che spesso richiedevano il coinvolgimento di più bambine.

Ma non è finita qui, le vittime erano costrette a sottoscrivere delle lettere in cui dichiaravano il loro amore per Capuana, affermando di essere felici delle violenze sessuali subite.

Alle giovani non era consentito manifestare i loro dubbi. “Se non ti concedi vuol dire che non credi in Dio” – dicevano alle loro vittime le donne e Capuana. “È un momento di amore puro e incondizionato”. Queste le subdole parole con cui l’associazione è riuscita per lunghi anni ad ottenere il losco obiettivo.

fonte NewSicilia Mediapartner

 

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