di Elisa Guccione
Foto Servizio Vincenzo Musumeci
BELPASSO – Ogni suo romanzo trasuda di umori, colori, profumi e tradizioni della nostra isola. Adesso con la sua ultima fatica letteraria, “Il figlio maschio”, pubblicato da Rizzoli, Giuseppina Torregrossa riesce a scrutare l’animo umano riportando alla luce un’importante pagina siciliana con grande forza emotiva. Premiata per la Letteratura al Martoglio 2015 la incontriamo, poco prima di salire sul palco, approfondendo alcuni particolari della suo nuovo libro.
Questo testo non è un semplice romanzo d’amore
“Racconto cento anni di editoria siciliana che parte dal critico letterario Luigi Russo, prozio di Vito Cavallotto in quanto cugino della nonna Maria Concetta Russo sposata Ciuni, fino ad arrivare alla realtà editoriale odierna dei librai-editori Cavallotto. Non narro solo l’amore tra i protagonisti Adalgisa e Filippo ma descrivo un momento storico talmente importante che segna l’editoria nazionale. Mi piace l’idea di aver svolto un’azione di recupero, secondo me, utile a far conoscere a chi è più giovane i mille volti e le mille anime della nostra terra”.
Come ha deciso di trasferire su carta questa storia?
“Tutto è nato davanti ad un bicchiere di vino a cena con Adalgisa che mi raccontò l’eterna storia d’amore tra lei e suo marito scomparso prematuramente. Questa giovane donna decise di rimanere sola continuando, nonostante le tante contrarietà della famiglia, il sogno professionale del proprio uomo. Mi ha colpito molto il legame tra i due, perché anche dall’al di là ogni notte il marito in sogno la consigliava come svolgere l’attività professionale ed ancora oggi attraverso l’aiuto di una medium Filippo legge le lettere d’amore della moglie. Impossibile non immortalare questa storia in un libro. Addentrandomi nel racconto non potevo non narrare l’amore per la cultura tenacemente difeso da questa donna in un ambiente dalla mentalità fortemente maschilista”.
La Sicilia nei suoi romanzi è sempre protagonista e credo non sia un caso
“Chi nasce qui è marchiato a fuoco per sempre. Questa terra non può essere solo semplice ambientazione o effimero contorno. De Roberto quando scrive I Vicerè è maestoso, mentre nel romanzo L’Imperio non ha lo stesso vigore e la forza della storia degli Uzeda di Francalanza. Non è un caso che nei grandi testi di letteratura siciliana il nostro modo di essere, pensare, vivere ed affrontare il quotidiano sia sempre un punto focale di tutta l’opera”.
Alcuni potrebbero pensare che tutta questa Sicilia tenda al settoriale
“Sciascia paragonava questa nostra terra ad un laboratorio naturale. Questi luoghi e la gente che vi abita sono un’icona. I siciliani hanno bisogno di fare quello scatto di reni utile per togliersi tutto quel provincialismo di cui, spesso, siamo invasi. Camilleri con il suo Montalbano ha avuto il merito di rendere la Sicilia internazionale e grazie a lui molti termini nostri come “babbiare” sono entrati di diritto nello Zanichelli. I suoi libri ci hanno restituito l’orgoglio di essere siciliani”.
Elisa Guccione
Foto Servizio Vincenzo Musumeci
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