di Elisa Guccione
Foto servizio di Vincenzo Musumeci
CATANIA – Salvo Sottile ritorna prepotentemente protagonista nelle librerie con il thriller “Cruel”, edito da Mondadori. La stesura del testo risente in maniera imprescindibile della sua esperienza di giornalista di cronaca nera, attraverso la quale riesce a creare una storia specchio di una società assetata di conoscere quella verità assoluta e facilmente traviata dalle apparenze e convenzioni sociali. Incontriamo la voce delle grandi dirette sui processi di mafia e sulle stragi in cui morirono i giudici Falcone e Borsellino durante le prove del popolare talk show “Insieme”, dove ci soffermiamo non solo sulla sua nuova creatura letteraria ma anche sul complicato mondo mediatico in cui spesso i giornalisti sono coinvolti.
-L’intera storia ruota attorno alla redazione di un settimanale diventando il centro su cui gravitano i vari lati oscuri dei personaggi e dell’intero plot narrativo. Immagino che non sia stato un caso creare questa particolare realtà …
“Ho sempre raccontato storie di nera, ma stavolta tento un esperimento. Porto il male dentro una redazione di un giornale. Il protagonista è un giornalista cialtrone, Mauro Colesani, che si sente il più bravo di tutti il cui arrivo di una stagista gli fa perdere la voglia di arrivare per primo, ma un fatto di sangue che lo riguarderà da vicino lo ributterà di nuovo in pista cercando non solo di risolvere il mistero ma di ritrovare se stesso”.
-Ogni volta che si scrive si dona parte di se stessi al protagonista. Quanto c’è di Salvo Sottile in Mauro Colesani?
“Molto, ma anche negli altri personaggi anche quelli più cattivi. Tutti i vari protagonisti nascono dalla mia testa ed inevitabilmente vivono dentro di me e in ognuno di essi c’è qualcosa di Salvo Sottile”.
-Ci sono tanti protagonisti: un giornalista, un poliziotto e uno psichiatra. Ognuno può essere il colpevole, perché l’arma vincente di questo romanzo è il sospetto che s’insinua nel lettore.
“Sono tutti colpevoli possibili, ma come succede nella vita reale bisogna sempre diffidare dalle apparenze ed avere il distacco giusto per guardare le cose senza essere troppo coinvolti. Dentro il romanzo la situazione è molto ingarbugliata e ricca di mistero, fino a creare nella mente del lettore delle ipotesi e delle possibili soluzioni per poi arrivare a sciogliere l’enigma”.
-Cosa significa oggi fare il giornalista di cronaca nera?
“È un mestiere complicato, difficile perché la cronaca nera è una specie di antibiotico. Se usato con moderazione può essere utile, in caso contrario è dannoso non solo alle inchieste e allo svolgimento delle indagini ma anche all’intera società”.
-Alcuni giornalisti, molto spesso, pur di sfruttare la forza attrattiva della notizia creano dei circhi mediatici quasi maniacali. Come mai è così difficile parlare di nera?
“Bisogna essere sempre consapevoli di cosa si sta facendo o dicendo. Io non potrei mai utilizzare un bisturi, perché non lo so fare. La cronaca nera, purtroppo, viene utilizzata a qualunque orario e in qualunque modo ed è un problema molto grave al punto tale da creare un effetto quasi maniacale”.
-Si è sempre alla ricerca della verità, ma esiste una verità assoluta?
“No, è provvisoria. La verità è pirandelliana come la giustizia che smentisce se stessa. Basti pensare, ad esempio, al caso Stasi e a quante volte sia stato assolto e condannato in base al giudizio dei diversi giudici”.
-Nel 1992 approda al Tg 5 come corrispondente da Palermo. Anno delle stragi in cui morirono i giudici Falcone e Borsellino. Cosa si prova quando si diventa parte della storia di un Paese raccontandone gli avvenimenti più atroci?
“Non ci si rende conto di quello che si sta vivendo. Ero ragazzino, avevo diciannove anni, e ricordo che cominciai a muovere i primi passi a Palermo sempre come cronista e diventai corrispondente di un tg nazionale in uno dei periodi più bui del nostro Paese. Le morti di Falcone e Borsellino hanno cambiato il corso della storia, perché innescarono nello Stato e nella gente delle reazioni a catena cominciando ad avere contezza di cos’è la mafia”.
-Fare il giornalista è un’ambizione di molti. Possiamo dare un consiglio a chi ha deciso di percorrere questa strada?
“Oggi il tempo è cambiato. Quando ho cominciato c’era molta domanda e poca offerta. Adesso è il contrario, ci sono tanti giornalisti e molti giornali. È fondamentale specializzarsi in ambiti e settori che altri non fanno e cercare delle storie che rendono unico chi le racconta”.
Elisa Guccione
Foto Servizio Vincenzo Musumeci
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