di Elisa Guccione
Il 20 settembre 1958, dopo dieci anni di lotte, viene approvata la legge Merlin, che liberò le donne da una condizione di semischiavitù autorizzata dallo Stato. Una vera autentica rivoluzione che abolì non solo le case chiuse ma introdusse i reati di induzione, sfruttamento e favoreggiamento della prostituzione.
Lina Merlin, maestra elementare, ex combattente partigiana fu la prima donna a sedere tra gli scranni del senato della repubblica italiana, ricordata ingiustamente solo per la legge contro i “bordelli”, lottò affinché la nostra costituzione recitasse l’uguaglianza di tutti i cittadini senza distinzione di sesso. Combatté dieci anni per far approvare la legge che vietasse il traffico delle donne e non la fermarono le minacce di morte, nonostante fu costretta a vivere un periodo di clandestinità, non abbandonò la sua battaglia che portò all’autodeterminazione delle donne.
Alla mezzanotte del 20 settembre 1958 furono chiusi in Italia oltre 560 postriboli, che in parte furono ricostituiti per accogliere le ex prostitute. Una rivoluzione ricordata per ciò che tolse agli uomini e non per quello che fece alle donne. Fu un primo passo importante verso la regolamentazione del traffico umano che punì penalmente chi guadagna sulla prostituzione di una terza persona.
A distanza di sessant’anni da una legge avanguardista come quella della Merlin molte sono le crepe presenti nel testo legislativo che sicuramente andrebbe modificato ma non con la riapertura delle case di tolleranza, come molti politici hanno proposto come Matteo Salvini, ultimo in ordine di tempo, il quale aveva proposto un referendum per cancellare la legge Merlin e tassare la prostituzione.
La reintroduzione delle case a luci rosse non garantirebbe però in alcun modo la fine degli abusi e della strada ma ci vorrebbe una modifica della legge che non penalizzasse le prostitute ma introducesse pene più severe per i clienti, in quanto cancellare la legge significherebbe tornare indietro rafforzando la cultura dello sfruttamento del corpo delle donne.
Elisa Guccione