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A 25 anni dalla strage di via D’Amelio ancora troppi i misteri irrisolti

A 25 anni dalla strage di via D’Amelio ancora troppi i misteri irrisolti

19.07.2017.

di Elisa Guccione

Erano le 16,58 del 19 luglio 1992 quando una Fiat 126 rubata, dopo essere stata azionata da un telecomando a distanza, esplose in via D’Amelio. A distanza di 57 giorni dalla strage di Capaci in cui persero la vita Giovanni Falcone, Francesca Morvillo e gli uomini della scorta la mafia colpisce nuovamente uccidendo il giudice Paolo Borsellino e i cinque agenti Agostino Catalano, Vincenzo Li Muli, Walter Eddie Cosina, Claudio Traina ed Emanuela Loi la prima donna a far parte di una scorta.borsellino

Fu un omicidio quasi annunciato come dichiarò qualche giorno prima lo stesso Borsellino nella sua ultima intervista: “Adesso tocca a me. Devo fare in fretta“. Sapeva del pericolo e della morte incombente che stava per colpirlo. La sua era una corsa contro il tempo. Annotava tutto nella sua agenda rossa dalla quale non si separava mai, che scomparve quasi immediatamente, dopo la consueta visita alla madre mai avvenuta, mentre quell’angolo di Palermo era ancora avvolto dalle fiamme.

Ad un quarto di secolo da quel 19 luglio 1992, diversi processi, decine di condanne, più di venti ergastoli accertati per mandanti ed esecutori mafiosi  ma troppi depistaggi, finti colpevoli e punti interrogativi ancora irrisolti.ViaD'Amelio_strage  Il giudice Nino Di Matteo chiede la riapertura del processo: “Chi conosce quegli atti sa che quelle sentenze devono, o dovrebbero, costituire un punto di partenza per rilanciare le sempre più evidenti responsabilità di ambienti e uomini estranei a Cosa nostra. Invece, di fronte alle intercettazioni in carcere del boss Giuseppe Graviano c’è stata una minimizzazione pregiudiziale”. Ed ancora aggiunge: “Per non tradire e calpestare la memoria di Borsellino abbiamo davanti una sola strada, dura e tortuosa: pretendere il massimo sforzo da parte delle inchieste, in particolare dalla Procura nazionale antimafia e dalle Direzioni distrettuali di Caltanissetta, Firenze e Palermo ma anche pretendere e valutare l’opportunità di un’inchiesta politica da parte della Commissione parlamentare antimafia e la massima attenzione dell’opinione pubblica”.

Elisa Guccione

 
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