La lezione principale del fare film “è parlare alla propria comunità, coinvolgerla socialmente. Non puoi parlare al mondo finché non parli al tuo vicino di casa. L’ho imparato dai grandi registi italiani, che considero miei maestri come Vittorio De Sica”. Parola di Abel Ferrara, che oggi ha ricevuto a Roma il premio alla carriera del Social World Film Festival 2019, La Mostra Internazionale del Cinema Sociale in programma a Vico Equense, dal 27 luglio al 4 agosto, dove il regista de Il Cattivo tenente sarà presidente della giuria. E il festival, che ha come padrino Stefano Accorsi, fra gli omaggi, ne dedica uno proprio a De Sica, attraverso una retrospettiva, incontri e una mostra fotografica Ferrara, che ha presentato all’ultimo festival di Cannes, l’autobiografico Tommaso, è già in fase di postproduzione di un un nuovo film, Siberia.
Protagonista il suo attore feticcio, Willem Dafoe, insieme a Isabelle Huppert. Potrebbe debuttare alla Mostra del cinema di Venezia? “Spero di si, ma è un film molto complesso, sto ancora montando, non so farò in tempo, ma mi piacerebbe”. Nella storia, stando alla sinossi ufficiale, Dafoe è Clint, un uomo distrutto che vive in solitudine in una tundra. Un isolamento che non riesce però a dargli né evasione né pace. Una sera inizierà un viaggio in cui dovrà confrontarsi con i propri sogni, i ricordi e le visioni, cercando così di attraversare il buio per raggiungere la luce. Rispondendo ai giornalisti, Ferrara, che vive da cinque anni a Roma, insieme alla moglie Cristina e alla figlia, ancora piccola, Anna (che hanno recitato in Tommaso interpretando se stesse con Dafoe nel ruolo del cineasta), si sofferma anche sul suo rapporto con la Capitale e l’Italia: “Mi sento come un mercenario al soldo di Cesare, nell’esercito romano. Sono nato in un ambiente molto napoletano nel Bronx. Mio nonno là ha fatto fortuna lavorando molto e onestamente. Non ha mai parlato una parola d’inglese, ne’ mangiato un boccone di un cibo che non fosse della sua tradizione, ma amava molto gli Stati uniti. Allo stesso modo io sento molto questa cultura – dice sorridendo e alternando inglese e italiano -. Roma non è il sud ne’ il nord d’Italia, come New York non è gli Stati Uniti e Parigi è Parigi.
Roma è una città incredibile. Per me è semplice dire che è un come un caffè. Quando mi sveglio e esco, incontro una barista felice di vedermi e provo un senso di connessione che non ritrovo da nessuna altra parte. Nel mio Paese non importa chi sei ma quanti soldi hai, qui conta quanti soldi hai, ma anche chi sei”. Ferrara commenta anche l’essere considerato uno spirito libero: “Io sono un ribelle e uno schiavo, sempre in battaglia per essere libero. Il mio credo è che si nasce libero e si combatte tuta la vita per mantenere la propria libertà. In qualsiasi contesto politico, militare o sociale ognuno deve provare a definire cosa significhi essere liberi e il proprio lavoro deve riflettere quel percorso. Se sei sincero verso il tuo lavoro, se sei onesto con te stesso, porti la tua libertà al mondo”. E’ anche per questo, “che ogni film, in fondo parla di se stessi”. Il regista è felice di partecipare a un festival che si svolge “nelle terre da cui viene la mia famiglia, che è originaria di Sarno. Mi piace molto quest’abitudine italiana di portare d’estate, il cinema, attraverso i festival, anche in provincia, nei piccoli centri. E’ una cosa molto importante”.