E’ stato per molti anni uno dei protagonisti del mondo dello spettacolo, artista eclettico che ha innovato il genere del musical, uomo di teatro, cantante e autore di programmi televisivi di successo. All’età di quasi 81 anni, è morto a Roma, dopo una lunga e variegata carriera artistica, Tony Cucchiara.
Nato ad Agrigento, Cucchiara viene scritturato nel 1960 per la Rai, dove fa amicizia con un giovane siciliano emigrato, Pippo Baudo, e dove ottiene un contratto discografico con la Sprint, casa satellite della Durium. È ospite fisso nel 1961 del programma Il fico d’India, realizzato da Baudo insieme a Enzo Consoli. Ma è sopratutto con altri due artisti agrigentini, il regista Michele Guardì e il maestro Pippo Flora, che stringe un sodalizio artistico e un’amicizia durata tutta la vita.
Nel 1962 partecipa al Cantagiro, nel 1969 e nel 1971 a Un disco per l’Estate, fino ad approdare nel 1972 al Festival di Sanremo con la canzone «Preghiera». Con la moglie Nelly Fioramonti, scomparsa prematuramente, ha costituito un apprezzato duo folk.
Ma Cucchiara ha firmato sopratutto numerose commedie musicali, con una chiave del tutto originale rispetto al genere in voga in quegli anni negli Stati Uniti. A cominciare da «Caino e Abele», un musical che affronta il tema della violenza attraverso i secoli e che incontra subito i gusti del pubblico più giovane. Seguono poi altri spettacoli di successo tra cui «Storie di periferia», «Tragicomica con musiche», «La baronessa di Carini», «Swing», «Il conte di Montecristo» e «Pipino il breve» di cui era protagonista Tuccio Musumeci nel ruolo del re di Francia, prodotto dal teatro Stabile di Catania e rappresentato anche all’estero e a Broadway.
Da 15 anni era uno degli autori di «Uno mattina» e «In famiglia», la trasmissione Rai del regista Michele Guardì, che non riesce a nascondere la commozione per la scomparsa dell’amico. «E’ stato – dice – uno dei più grandi autori siciliani che va ricordato per l’amore con il quale ha rappresentato in teatro la nostra terra. Un grande artista, ma anche un grande lavoratore. Siamo stati vicini per decine di anni in televisione dove, pur essendo un “numero uno”, ha sempre lavorato alla pari e senza montare in cattedra con tutti noi suoi colleghi. Con lui se ne va un pezzo importante della storia dello spettacolo in Italia».