Alan Ayckbourn, commediografo inglese, comincia giovanissimo a praticare “l’arte della commedia” e negli anni ‘60/’70 raggiunge il successo, prima in patria e poi, tradotto in numerose lingue, viene rappresentato sui palcoscenici di tutto il mondo. La sua scrittura raffinata e lieve, sotto la maschera della “sofisticatezza” nasconde vizi e miserie del genere umano, ma con consumata sapienza, l’autore consegna al pubblico la lente di ingrandimento che gli permette di osservare con distacco le piccolezze umane e riderne. Naturalmente il dubbio rimane: ”Chissà, stiamo forse ridendo di noi?”.
La sfumata e lontana pace della campagna inglese, la frenetica Londra, le minigonne, i complessi rock e i figli dei fiori rappresentano il mondo e l’atmosfera, nei quali il racconto si svolge. Un mondo lontano, ma così impresso nella nostra memoria da farci sentire che, forse, ieri o l’altro ieri, c’eravamo anche noi o, sennò, ne abbiamo, almeno, sentito parlare.
“Sinceramente bugiardi” è fra le più riuscite commedie di Ayckbourn, nella quale l’autore riproduce i meccanismi della comicità, che si ripetono, mai invecchiati, fin dai tempi di Plauto. Intrigo e gelosia…Il telefono squilla e forse non c’è risposta. Si perdono treni, si arriva inattesi, c’è chi zappa nell’orto e chi prepara pranzi. Un paio di pantofole, ecco chi è il protagonista del racconto e gli equivoci e i colpi di scena che si susseguono, non stupiranno lo spettatore, perché ne sarà divertito complice, di volta in volta, a spese di questo o di quel personaggio.