Ora dopo ora si consolida la maggioranza che sosterrà il governo Draghi. Sarà larga e potrebbe andare oltre il perimetro del modello Ursula: Pd, Forza Italia e Italia Viva ma anche i 5S e LeU ci stanno e i segnali di apertura da parte della Lega sono sempre più netti.
Matteo Salvini si smarca dall’alleata Meloni, che non voterà la fiducia al nuovo esecutivo: il leader leghista fa addirittura intendere di volere entrare nella squadra, con tanto di ministri. E scende in campo direttamente Beppe Grillo nel tentativo di far virare definitivamente i cinquestelle: il fondatore del Movimento approda a Roma ed è pronto a partecipare alle consultazioni.
Il round di colloqui dell’ex presidente della Bce è dunque servito a far andare a posto i primi pezzi del puzzle. LeU, che fra i partiti della vecchia maggioranza, è il più freddo avverte però di un pericolo che in molti temono: il rischio di una compagine disomogenea, che in Parlamento potrebbe condurre a percorsi laboriosi e esporre a sgambetti ora di una forza parlamentare, ora di un’altra. I gruppi che alle Camere si collocano più a sinistra sono anche quelli che esprimono con maggiore forza la difficoltà di ritrovarsi fianco a fianco con i sovranisti della Lega. Questione posta anche dai Dem, che però hanno già messo agli atti la disponibilità a lasciare a Draghi lo spazio per trovare una sintesi. Un esempio che bene misura la distanza fra le parti è la riforma fiscale che vede contrapporre una visione alla tedesca portata avanti dalle sinistre, che ruoti dunque intorno alla progressività della tassazione, a quella leghista che da sempre punta al suo opposto, la flat tax. Ancora più urgente il blocco dei licenziamenti: la scadenza è per fine marzo, le idee su come affrontare il passaggio molto diverse. L’alleanza LeU-Pd-5S “non può essere dispersa” ma siccome si basa su “programmi e progetti” appare “incompatibile” con il partito di Salvini, dice Loredana De Petris al termine del colloquio con il premier incaricato. “Con Draghi siamo stati molto chiari”, aggiunge. Ma se poi questo sia un muro invalicabile è da vedere. La prossima settimana infatti l’ex banchiere centrale porterà di nuovo tutti a un tavolo: ci sarà un secondo giro di consultazioni nella giornata di lunedì e già nelle prossime ore potrebbero essere ascoltate le parti sociali. Poi si passerà alle proposte e lì Draghi conta di fugare i dubbi residui, che riguardano il perimetro della maggioranza ma anche l’identikit della squadra di governo. Intanto il sostegno più entusiasta arriva da Italia Viva: sarà “a prescindere” dalle formule, è la linea di Matteo Renzi.
Conferma la fiducia nel premier incaricato anche il Pd: “la sfida è grande ma – dice Nicola Zingaretti citando Ciampi – il Paese ce la farà”. I Dem è certo non staranno con le mani in mano e presenteranno delle “proposte per un programma di governo forte, di lunga durata”. Sfila senza Silvio Berlusconi la delegazione di Forza Italia. Il Cavaliere era stato annunciato nella capitale ma poi ragioni di salute lo hanno trattenuto. A prendere la parola nella sala allestita a Montecitorio è quindi Antonio Tajani: conferma il “pieno appoggio” anticipato in mattinata proprio dal Cav a Draghi in un lungo colloquio telefonico. Per la Lega parla Salvini, che deve però ancora incontrare il premier incaricato. Sospinto anche dal ‘partito del Nord’ che preme per non restare tagliato dalla gestione del Recovery plan, il segretario di via Bellerio a chi gli chiede se sarebbe disposto a sedere nel Consiglio dei ministri risponde: “Se ci siamo, ci siamo non facciamo le cose a metà. Mi piacerebbe ci fossero tutti”. Più di un’apertura. A questo giro il centrodestra invece alla fine si divide: FdI mantiene le distanze dall’esecutivo Draghi anche se Giorgia Meloni non esclude la possibilità di scegliere l’astensione.
L’altra grande partita la gioca il Movimento 5S. Alle barricate iniziali si sono avvicendate posizioni più dialoganti nei confronti dell’ex banchiere centrale. A dare una sterzata avrebbe contribuito una lunga telefonata – come anticipato dal Fatto Quotidiano – fra Draghi e Grillo: si sarebbero toccati anche punti programmatici, viene raccontato, e così sarebbe maturata la convinzione di andarsi a sedere al tavolo. L’incontro sarà comunque preceduto da un vertice del Movimento alla Camera, a cui oltre al garante sarà presente anche Conte. Qualsiasi scelta i leader 5s prenderanno – avverte però Casaleggio, sceso a Roma anche lui – dovrà essere messa ai voti online, sulla piattaforma Rousseau.