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Carlo Alberto Dalla Chiesa, 35 anni dall’omicidio

Carlo Alberto Dalla Chiesa, 35 anni dall’omicidio

03.09.2017.

di Elisa Guccione

PALERMO – Sono trascorsi 35 anni dal quel 3 settembre 1982 quando la 112 del generale Carlo Alberto Dalla Chiesa, guidata dalla moglie Emanuela Setti Carraro, scortata dall’agente di polizia Domenico Russo fu affiancata da una bmw dalla quale partirono ripetute raffiche di kalashnikov, per mano di un assetato commando di Cosa Nostra che non si fermò neanche quando capì che Dalla Chiesa e la moglie erano già morti.DallaChiesa

Appena 100 giorni dal suo arrivo ufficiale a Palermo come prefetto della città nel maggio 1982 al suo omicidio, periodo nel quale dichiarò più volte la carenza di aiuti e di mezzi necessari per la lotta alla mafia, che doveva essere combattuta per le vie della città, tra la gente, facendo vedere la presenza attiva dello Stato contro la criminalità. La Rabbia e il dolore della Palermo onesta e combattiva furono supportate e sostenute dall’omelia del cardinale Pappalardo che- come confermò Nando Dalla Chiesa- fu una frustata per tutti, soprattutto, per le tante autorità presenti. “Mentre a Roma si pensa sul da fare, la città di Sagunto viene espugnata dai nemici e questa volta non è Sagunto, ma Palermo.- dichiarò il cardinale- Povera la nostra Palermo”.

Ancora oggi sul massacro di via Isidoro Carini restano troppi punti irrisolti, come i documenti scomparsi dalla cassaforte e dalla valigetta del generale.Carlo-Alberto-Dalla-Chiesa_lapresse_258

Per l’omicidio di Dalla Chiesa, della moglie Emanuela Setti Carraro e dell’agente di scorta Domenico Russo sono stati condannati all’ergastolo, come mandanti, i boss Totò Riina, Bernardo Provenzano, Michele Greco, Pippo Calò, Bernardo Brusca e Nenè Geraci. Nel 2002 arrivò la condanna anche per gli esecutori: Vincenzo Galatolo, Antonino Madonia, Francesco Paolo Anzelmo e Calogero Ganci.

Non fu solo un massacro mafioso ma un omicidio politico come conferma davanti ai parlamentari della Commissione Antimafia il procuratore generale di Palermo Roberto Scarpinato in una seduta pubblica diventata successivamente privata: “L’ordine di eliminare Dalla Chiesa arrivò a Palermo da Roma, dal deputato Francesco Cosentino”. Democristiano, andreottiano, massone e potente parlamentare della Democrazia Cristiana morto nel 1985.

Erano gli anni bui e sanguinari in cui furono  assassinati il capo della squadra mobile di Palermo, Boris Giuliano, il giudice Cesare Terranova, il presidente della regione siciliana, Pier Santi Mattarella, il capitano della compagnia dei carabinieri di Monreale, Emanuele Basile, il procuratore capo di Palermo, Gaetano Costa e il segretario del PCI siciliano, Pio La Torre. Anni feroci in cui a Dalla Chiesa non furono mai concessi poteri “effettivi” per combattere la mafia tanto che egli stesso dichiarò: “Mi mandano a Palermo con gli stessi poteri del prefetto di Forlì”.dallachiesa (1)

Carlo Alberto Dalla Chiesa fu lasciato solo a combattere una guerra con armi impari, come furono lasciati soli Falcone e Borsellino. Al generale come accadde per l’agenda rossa del giudice Borsellino scomparvero misteriosamente anche gli scottanti documenti ricchi di nomi altisonanti e fatti dettagliati dei suoi cento giorni palermitani.

Adesso a trentacinque anni dalla sua scomparsa e i vari ragionamenti sulla trattativa Stato-Mafia, il processo Borsellino pieno di lacune e domande senza risposte il sindaco di Palermo Leo Luca Orlando, il presidente della Repubblica Sergio Mattarella, i figli Rita, Nando e Simona Dalla Chiesa insieme al prefetto di Palermo Antonella De Miro, al questore Renato Cortese e al comandante dell’Arma dei Carabinieri Tullio Sette si troveranno davanti alla lapide commemorativa del generale, restaurata dopo le richieste della figlia Rita, per rendere giustamente omaggio ad un uomo che con onore, coraggio e dignità non ha fatto altro che combattere per quello Stato in cui credeva e che ha preferito non ascoltare, perché scomodo, quando uno dei suoi servitori più integerrimi non chiedeva altro di compiere al meglio il suo dovere.

Elisa Guccione

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