“Impariamo spesso dalla Francia, soprattutto ultimamente perché il loro sistema è sicuramente più organizzato ed efficiente, a differenza di quello italiano che è come le case costruite senza cemento armato: alla prima scossa, tutto viene giù. Fare le code ai botteghini è impossibile, ecco: in Francia esiste una piattaforma chiamata “billetreduc” nella quale sono presenti il 90% degli spettacoli in scena in una precisa città e consente al pubblico di acquistare il biglietto online per la rappresentazione scelta. Lavorare attualmente è impossibile, ecco: esiste un sistema che aiuta e agevola i lavoratori dello spettacolo a sopravvivere durante i mesi bui, quello di “intermittent du spectacle” In Italia, invece, ci stanno mettendo nelle condizioni di dover affrontare una guerra senza poter combattere. Tutti noi teatranti (e non solo) vogliamo ed esigiamo il lavoro, ma non siamo nelle condizioni di poterlo fare. La rabbia ci pervade ma non ci toglie lucidità: Catania vuole andare in scena ma non forniscono le condizioni per farlo, la domanda è: c’è l’interesse di aiutarci? Che ci rispondano con i fatti! Dunque: #catanianonpuoandareinscena
Compagnia Absinthe Teatro
Sebastiano Mancuso- Elmo Ler- Loriana Rosto- Antonella Scornavacca
«…pubblico artisti e lavoratori dovranno mantenere il distanziamento interpersonale di un metro, utilizzo obbligatorio di mascherine, misurazione della temperatura corporea. » Non discuto sulla correttezza di queste prescrizioni però non si può parlare di riapertura dei teatri entusiasticamente e chi lo fa o è in malafede o non è mai andato a teatro. Ammettiamo che grazie alla creatività riusciamo a convertire gli spettacoli mantenendo quel metro di distanza e giustificando la mascherina nei personaggi, cosa si farà se poco prima dello spettacolo uno degli attori ha qualche linea di febbre? Si manda il pubblico a casa? Il pubblico sarà disposto ad assistere ad uno spettacolo in questo clima poco rassicurante? Come attore non avrei nessun problema a prendere parte ad una produzione ma in questo momento chi investe si guarda bene dall’intraprendere attività incerte, dopo una stagione invernale finita male per il blocco improvviso. In queste condizioni potranno lavorare le produzioni che vivono di finanziamenti pubblici e chi in generale può contare su un “paracadute economico” . Gli altri non potranno ripartire fino a quando non si sarà ristabilita la normalità e i canali di comunicazione non avranno martellato il pubblico con messaggi rassicuranti circa la possibilità di stare insieme agli altri”.
Carmelo Rosario Cannavò
“Viste le condizioni imposte dal decreto legge si può parlare solo di una fantomatica riapertura, perché gli unici che potranno aprire sono i Teatri Stabili o quelli con sovvenzioni statali cioè coloro che non tengono conto del numero di pubblico presente ma solo del tipo di istanza da presentare al ministero in quanto i soldi arriveranno comunque. Le condizioni in questo momento ci impediscono di aprire, perché il teatro Metropolitan con solo 200 persone in platea su 1800 non può permettersi di aprire in quanto i costi da affrontare sono al di là di ogni possibile sacrificio, ma se ci saranno degli aiuti concreti estesi a tutti il mondo dello spettacolo senza differenze saremo pronti di ritornare in scena con una nuova stagione già pronta ma in stand by in attesa di nuovi sviluppi”.
Alessandro Idonea
Stagione a 4 stelle
“La decisione sulla riapertura dei teatri è una pagliacciata fare spettacolo in estiva non è mai stato così complicato. Non abbiamo nessuna garanzia né di sicurezza né di presenze, né un contributo per colmare anche in parte le perdite economiche certe”.
Francesco Maria Attardi
Teatro Mobile
“La situazione è gravissima lo Stato ha disposto dei finanziamenti per gli Enti pubblici ed anche qualcosa con gli Extra Fus per i privati che in realtà non bastano, perché non potranno comunque lavorare un numero adeguato di attori che in molti rimarrebbero fuori. I teatri con le restrizioni potranno far lavorare solo pochi attori e con i 20 milioni di euro che sono stati finanziati extra fus non andranno a tutti quei piccoli teatri privati che in realtà danno il 70% di lavoro agli attori italiani e a tutto il mondo dello spettacolo, per questo il sipario non si può purtroppo rialzare. Si deve aiutare la categoria non l’Istituzione, perché così non si può andare avanti”.
Debora Bernardi
“Il teatro da sempre è stato considerato come qualcosa di dilettevole ma non di necessario e questa pandemia ha dato il colpo di grazia ad attori e produttori tanto che oggi mettere in scena uno spettacolo è affrontare un bagno di sangue che, mi auguro non accada, costringerà molte compagnie ed attori a stare fermi in attesa di tempi migliori”.
Cosimo Coltraro
“La nostra stagione riprenderà da dove l’abbiamo lasciata, ma non adesso ma da gennaio alla quale aggiungeremo altri tre spettacoli in cartelloni perché in questo modo non è possibile poter pensare di ripartire e lo dico da amatoriale figuriamoci il danno economico e psicologico per chi vive solo di questo”.
Rita Re
“I teatri in questo momento non possono ritornare ad aprire, perchè sostenere le spese non solo della sala ma anche della messa in scena è davvero impossibile. L’unica alternativa è dare la possibilità ai teatri di accogliere il pubblico in sala in modo autonomo sfruttando tutti gli spazi necessari mantenendo le relative misure di sicurezza e iniziare a studiare nuovi progetti teatrali da mettere in scena appena i tempi saranno migliori, perché pensare che lo Stato contribuisca fattivamente alle produzioni teatrali è un’ipotesi assurda, in quanto conosciamo la situazione economica italiana”.
Alessandro Incognito
Attore e gestore Teatro Ambasciatori
“Stiamo vivendo un momento di grave crisi anche nel mondo delle fiction o del cinema, si tende a far lavorare attori già sul posto perché temendo una nuova ondata epidemiologica con un nuovo secondo blocco delle attività si preferisce evitare spostamenti troppo complicati. Non ne usciremo, secondo me, prima di un anno”.
Bruno Torrisi
“Sipario chiuso e fondo solidale per gli artisti in quanto i privati senza alcun aiuto economico non possono permettersi di affrontare questa guerra che senza i supporti necessari vedrà morire le piccole realtà lo zoccolo duro di tutti noi teatranti”.
Agostino Zumbo
“Catania non può e non deve andare in scena, perchè la politica probabilmente non sa quali siano i reali costi per affrontare uno spettacolo a cui si devono aggiungere i costi di sanificazione da Covid. Andare in scena senza un sostegno, anche di sole spese, è impossibile. Cosa dovrebbe guadagnare la compagnia a cui aggiungiamo anche le restrizioni di pubblico? L’unica cosa è restare a casa ed aspettare tempi migliori. La stagione invernale? Scienziati e virologi hanno pareri contrastanti e nessuno sa come affrontare questa situazione e in tale clima i produttori come devono affrontare un cartellone, che magari è pronto nel cassetto ma troppo alti sono i rischi da affrontare. Tutto è molto difficile e per chi vive di questo lavoro si prospettano tempi molto duri”.
Rossana Bonafede
Attrice
“Credo che parlare di riapertura sia molto prematuro. Purtroppo con le condizione imposte dal governo, non sarà facile riaprire il sipario. Le misure restrittive…la sanificazione…il distanziamento sociale prevedono delle spese che ovviamente rendono ancora più difficile una ripartenza. Le piccole realtà, non sovvenzionate dallo Stato, dovrebbero fare i conti con il rischio di non rientrare delle spese, senza contare il fatto che la gente è ancora oggi intimorita dal trovarsi a contatto con altra gente; quindi è probabile che il pubblico sia veramente notevolmente ridotto. Anche la prossima stagione è a rischio; molti di noi si stanno organizzando per una riapertura a gennaio 2021 con la speranza che le cose possano cambiare; ma non sappiamo ancora quali titoli scegliere, non sappiamo come dovremo rapportarci in scena tra noi attori e quali misure dovremo adottare. E’ triste pensare di dover proporre una rassegna fatta esclusivamente di monologhi o comunque di testi con due o tre attori”.
Elisa Franco
Attrice
“Catania non può andare in scena, perché non esistono le condizioni affinché questo accada. Allo stato dei fatti è impossibile anche solo ipotizzare di sovraccaricare le compagnie di tutti i costi legati ai processi di sanificazione, alla gestione del personale addetto alla sicurezza, ai costi dei dispositivi da di sicurezza, oltre al far fronte a tutti i pesanti adempimenti fiscali e previdenziali. L’attore deve fare l’attore, concentrarsi sul proprio contributo artistico e creativo. Insieme al sindacato ci stiamo attivando per far sentire la nostra voce, forte, compatta, orientata al rifiuto di andare in scena almeno sino a quando coesisteranno queste condizioni collaterali assolutamente improponibili. Bisogna proporre modelli di gestione diversi e non fare l’errore di provare a tutti i costi a rimanere aggrappati ad un sistema che, comunque, era più che rivedibile ed amorfo già prima del Covid. Questo è il momento di rimanere fermi almeno finché non ci saranno le condizioni di idonea tranquillità per riprendere gli allestimenti, nella speranza che ciò accada già tra ottobre e gennaio e senza ulteriori e malaugurati rimbalzi del virus. Intanto è fondamentale che le istituzioni comprendano e rispettino le professionalità di chi opera nel mondo dello spettacolo svolgendo questo lavoro come unica ed esclusiva professione”.
Nicola Costa