di Elisa Guccione
CATANIA- Dare nuova linfa vitale ai “Civitoti in pretura” il testo di Nino Martoglio sicuramente più rappresentato fra i filodrammatici, i teatri di parrocchia, nei laboratori scolastici e dalle compagnie di attori professionisti di tutte le epoche senza snaturarne la sua essenza non è affatto facile e cadere nel banale è davvero semplice.
Quest’ intelligente edizione diretta da Turi Giordano con le musiche di Gianni Bella, le scene di Jacopo Manni e i costumi di Sara Verrini, il quarto spettacolo in cartellone della stagione del Brancati, recupera gli usi e i costumi del catanese ruspante della Civita di fine ottocento, anche se per alcuni aspetti girando per le viuzze del popoloso quartiere è ancora possibile ritrovare delle vecchine che con il loro vociare rimandano direttamente ai dialoghi farseschi e reali dell’autore belpassese, e punzecchia con audace ironia le tante mancanze dello Stato italiano di ieri come oggi descrivendo la realtà in cui versano le Preture Italiane. Un efficace mix tra tradizione e innovazione che il pubblico ha applaudito con grande gusto dalla prima all’ultima replica registrando ogni sera tutto esaurito.
Padrona e signora della scena l’irrefrenabile Guia Jelo che nei panni della scoppiettante Cicca Stonchiti con la sua mimica, le sue appassionanti, spassose e coloratissime parlate in un frenetico dialetto catanese conquista meritatamente vere e proprie ovazioni. Un’interpretazione eccellente capace di catturare per tutti e due gli atti dello spettacolo anche lo spettatore più scettico e annoiato che ha ritrovato nel testo di Martoglio grazie ad un cast squisitamente ispirato il pensiero, la cultura di una Sicilia che sentiva dopo l’unità d’Italia le vessazioni del popolo piemontese riversate nell’interpretazione del pretore Testafina, interpretato con perfetto accento torinese da un bravo Plinio Milazzo, specchio di una società che non teme il confronto con la nuova condizione dello Stato italiano con l’orgoglio di non abbandonare le sue tradizioni e le sue atmosfere tipicamente siciliane. Un meritato applauso va anche al poliedrico Riccardo Maria Tarci che ha saputo dividersi in tre ruoli: Nino Martoglio, il civitoto Don Procopio e il civitoto Messer Rapa a cui ha donato diversità e coloriture umane capaci di divertire ed emozionare, soprattutto, nell’interpretazione di Nino Martoglio, particolarità di questo spettacolo, il quale ha spiegato che durante il debutto dei suoi civitoti ha dovuto indossare per mancanza di attori le vesti di Don Procopio suscitando applausi e benevolenza a volontà.
Esilaranti le gag tra le civitote Raniela Ragonese in Minica ’a ciolla, Elisabetta Alma nel ruolo di Tidda ’Ntrichiti ’Ntrichiti, Margherita Papisca ovvero Viulanti Sparapaulo e Noemi Giambirtone la giovane Totina le quali hanno perfettamente incarnato l’anima popolare e vera del catanese “vucitaro” e appassionato. Fabio Costanzo è il catanesissimo imputato Giovanni Masillara l’uomo in gabbia che nella confusione di un rocambolesco processo dai toni paradossali riesce a scappare evitando la pena. Completano la coinvolgente scena Enrico Manna il comico cancelliere bilingue che redige i verbali senza tener conto delle reali deposizioni suscitando l’ilarità di tutti e Gianmarco Arcadipane l’integerrimo pubblico ministero che mette alle strette la scaltra Cicca Stonchiti, Salvo Tringale nel ruolo del dormiente avvocato Pappalucerna e Salvo Scuderi l’usciere Scarabeo.
Elisa Guccione