PALERMO.«Vita nuova» dallo scorso autunno a Parigi scrive Lucia Riina, 39 anni, ultimogenita del boss di Cosa nostra Totò morto il 17 novembre 2017 in carcere, in un post di una delle sue pagine Facebook insieme ad alcune foto della Ville Lumière.
Il cambiamento che coinvolge la famiglia di Lucia Riina, il marito Vincenzo Bellomo, riguarda il loro trasferimento e l’apertura di un ristorantino nella capitale francese che si chiama «Corleone by Lucia Riina».
Il locale che promette «autentica cucina siciliana-italiana da scoprire in un ambiente elegante e accogliente» è in Rue Daru una stradina non lontana dall’Arc de Triomphe, dal parco di Monceau e dal celebre Lido, il cabaret che fa spettacoli noti in tutto il mondo con ballerine bellissime e fantasiosi acrobati.
Il ristorante è intestato alla società per azioni Luvitopace con un capitale sociale di mille euro e il cui presidente è Pierre Duthilleul. Al numero di telefono del locale risponde un giovane gentile che parla perfettamente italiano. Alla domanda se fosse possibile parlare con Bellomo o Riina l’interlocutore si consulta con un’altra persona e poi dice di non potere dire nulla, di non poter fornire informazioni. Spiega però che i proprietari sono due francesi e che forse la gestione è affidata alla coppia corleonese. Lui è solo il direttore di sala. Su chat Lucia Riina chiede il «rispetto della privacy» e dice che «non rilascia interviste».
«Nel mondo ci sono tanti ristoranti e locali col nome Corleone. Creati da gente onesta che è emigrata per lavorare. Accostare però il nome della nostra città a quello di mafiosi è devastante. Dobbiamo ritornare a far parlare di Corleone come città di pace e di tradizioni culturali. Cercherò di attivare il ministero degli Esteri e farò tutto quanto la legge mi consente: il nome Riina accanto allo stemma di Corleone non deve proprio starci». Lo dice il sindaco di Corleone (Pa) Nicolò Nicolosi commentando l’apertura del ristorante di Lucia Riina.
«Lucia Riina è una libera cittadina: non ho nessun commento da fare sulla sua decisione di aprire un ristorante. Poi sta alla sensibilità del singolo cittadino decidere se andarci o meno». Lo ha detto Maria Falcone, sorella del magistrato Giovanni e presidente della Fondazione intitolata al giudice ucciso a Capaci.