di Elisa Guccione
“Non abbassiamo mai l’attenzione, quando c’è da rispondere bisogna farlo, perché tacere è da stupidi. Le autopromozioni servono a poco, soprattutto, quando si vuol fare innovazione senza avere idea dell’imponente patrimonio teatrale catanese e della sua tradizione”. Così Pippo Baudo ex direttore artistico e presidente del Teatro Stabile di Catania reagisce alle ultime dichiarazioni da parte dell’attuale direzione dell’Ente, che utilizzando numerosi stereotipi e banalità definisce i siciliani “estremamente cerimoniosi, chiacchieroni e indolenti“, frase che non fa altro che generare ulteriore malcontento da parte dei sindacati, degli attori e dei lavoratori dello spettacolo i quali non riescono a trovare nessun punto di dialogo con lo Stabile.
“Il teatro catanese nato con Mario Giusti e con la stessa logicità portato avanti dalla direzione di Orazio Torrisi e Pippo Baudo- dichiara Tuccio Musumeci– non esiste più, si sta tentando di cancellare il passato di un teatro troppo pesante da raggiungere ed impossibile da superare”.
Innovare ma senza snaturare unendo passato e futuro, per costruire qualcosa che abbia l’essenza di quello che è stato nel corso degli anni il teatro Stabile unico e riconoscibile a livello internazionale.
“Turi Ferro, Michele Abruzzo, Ida Carrara, Mariella Lo Giudice, Romano Bernardi, Giuseppe Di Martino, Tuccio Musumeci, Miko Magistro ed io – continua Pippo Pattavina– abbiamo fatto in modo che Catania avesse una propria peculiarità per un teatro che non si è fermato agli anni 50, come dichiarato in numerose interviste dall’attuale direzione, ma è cresciuto con l’evolversi dei tempi lontano dalle attuali produzioni che hanno poco in comune con la specificità del Tsc”. Della stessa opinione Miko Magistro e Santi Consoli: “Non c’è più nulla che s’identifichi con l’unicità dello Stabile, un teatro in un tempo non troppo lontano abituato a giocare in serie A vincendo per ben tre volte il biglietto d’oro senza dimenticare la collaborazione con i teatri di Milano, Genova e Roma”.
Grande malumore degli attori per la scarsa considerazione subita e vissuta da chi vive di teatro come uno schiaffo in pieno volto.
“Offendere il Tsc nella sua storia e un’intera comunità definita come gente poco incline al lavoro- affermano all’unisono Debora Bernadi, Agostino Zumbo, Filippo Brazzaventre, Vitalba Andrea, Carlo Ferreri, Carmela Buffa Calleo e Rossana Bonafede– fa davvero male soprattutto per chi su quel palcoscenico ha dato l’anima e darsi una risposta a tali dichiarazioni è davvero impossibile”. “Che i padri della cultura come Giusti per Catania e Carriglio per Palermo- aggiungono gli studiosi Santino Mirabella e Roberta Lo Re – dopo certe feltriane dichiarazioni vengano inopinatamente trattati come dei ritardati dai nipoti è davvero desolante oltre che ingiusto”.
Il teatro e l’arte devono unire e non dividere creando arricchimento in un territorio fertile come Catania che può solamente essere un modello da imitare e non da civilizzare. “Certe dichiarazioni pubbliche- concludono Nicola Costa ed Emanuele Puglia– non fanno bene a nessuno e per evitare una frattura con l’intera comunità abbattendo certe etichette tra professionisti sarebbe giusto un colloquio chiarificatore tra artisti, lavoratori dello spettacolo e direzione”.
Elisa Guccione