di Elisa Guccione
Ph Dino Stornello
CATANIA- “Mi piacerebbe restare, ma chissà cosa penserebbe la povera mamma”. Con queste parole Evelyn Famà, Elsa Moro la canzonettista del “Cavaliere Pedagna” di Luigi Capuana, ultimo spettacolo di stagione del Teatro Brancati diretto da Giuseppe Romani in scena fino al 28 maggio, tenta di circuire il ricco e maturo Roberto Pedagna, interpretato da un eccellente Miko Magistro, uomo tutto d’un pezzo che si scioglie davanti alle moine della furba ed arrivista soubrette. Una commedia che segna un passaggio importante per la drammaturgia siciliana in quanto per la prima volta Capuana riesce a dare alla nostra terra un volto diverso, fatto non solo di sangue e coltellate, mettendo in scena drammi borghesi dall’aggrovigliato ragionamento psicologico. Una rappresentazione corale capace di far riflettere senza cadere nella banalità dei luoghi comuni che grazie all’affiatamento dell’ottimo cast composto da Tuccio Musumeci, Miko Magistro, Guia Jelo, Riccardo Maria Tarci, Evelyn Famà, Turi Giordano, Maria Rita Sgarlato e i piccoli Guia Buccheri e Cristian Tozzo riesce a creare un perfetto dialogo tra comico e drammatico, che grazie alla qualità degli artisti e all’attenta regia arricchita dalle eleganti scene di Giuseppe Andolfo, le musiche di Pippo Russo e i costumi delle sorelle Rinaldi, ottenendo il sold out per tutte le sere in programmazione.
Specchio della realtà del primo novecento in cui le convenzioni sociali fanno rinnegare l’indissolubile legame tra il burbero ed austero cavaliere e la figlia Lia, Maria Rita Sgarlato, colpevole di essersi innamorata dell’uomo non scelto dal genitore e aver abbandonato la famiglia senza la benedizione paterna. Straordinario Miko Magistro nel rappresentare le debolezze e le contraddizioni di una morale bigotta accettando, grazie anche agli stratagemmi realizzati dal notaio Scafiti, Tuccio Musumeci, con la complicità del preposto Balata, Turi Giordano, e della devota Mara la cameriera di casa Pedagna, Guia Jelo, le suppliche di perdono della figlia rimasta vedova con due piccoli da sfamare. Brava Evelyn Famà che riesce a far apparire simpatico ed intelligente il ruolo dell’arrampicatrice sociale. Esilaranti le gag tra il mafioso “Carru Longo”, Riccardo Maria Tarci, e il nobile signorotto siciliano nel cercare di sabotare la carriera dell’amata e frivola cantante d’operetta. Prezioso l’apporto di Tuccio Musumeci e Guia Jelo che con estrema semplicità e stile, grazie ad un linguaggio genuino e una mimica irresistibile, donano quella marcia in più necessaria per l’ottima riuscita dello spettacolo.
Elisa Guccione
Ph Dino Stornello