Di Elisa Guccione
Austin Butler è riuscito ad indossare perfettamente i panni di Elvis, interpretandone anche le più piccole sfumature. È paurosamente bravo per tutta la durata del film possiede lo spettatore, lo fa suo nel nome del re del rock’n roll esprimendo dietro gli immortali movimenti pelvici, il ciuffo alla rockabilly e i lustrini tipici dei suoi abiti di scena la fragilità e la solitudine del King sfruttato fino all’ultimo respiro dal suo manager. Impossibile non farsi stregare da questa pellicola, bella in tutto, dalla fotografia, alle luci, al montaggio, ai costumi fino alla grande interpretazione di Tom Hanks, nel ruolo del cattivo Tom Parker, il manager colonnello di Elvis, voce narrante dell’intera storia.
Raccontare la vita e la musica di Elvis Presley dall’ascesa alla consacrazione di un mito senza precedenti non è un’operazione semplice, ma la regia di Baz Luhrmann è stata davvero straordinaria.
Un film dalla disarmante sincerità e dall’emozione crescente nel descrivere l’umanità e il talento di un genio sconosciuto diventato poi artista celebrato in ogni parte del mondo.
Sin dai primi minuti del film ci si accorge che si è davanti ad un capolavoro come pochi, uno dei più bei film degli ultimi 10 anni che con molta probabilità sarà agli Oscar 2023 superando il successo di Boehmian Rapsody, triplicandone addirittura i premi e i riconoscimenti.
Non farsi travolgere dalla musica è impossibile come restare fermi mentre si guarda il film è un vero eufemismo.
Una qualità molto importante di questo film è l’appetibilita che “Elvis” suscita anche in un pubblico giovane, perché non si racconta solo di un’artista che ha influenzato la storia della musica ma è l’icona, il simbolo di un passaggio epocale che ha aperto la strada a tutto quello che è venuto dopo, regalando indiscutibilmente un pó di eternità ad ognuno di noi.
Elisa Guccione