di Elisa Guccione
CATANIA- La forza dell’amore quello vero e spietato che sconvolge con feroce irruenza l’esistenza di due anime complementari destinate all’infelicità, perché condannate dal finto perbenismo di una società ipocrita ad una vita schematizzata in cui non può esserci spazio per i sentimenti rivive sul palco del Brancati con la pièce “La Signora delle Camelie” di Alexander Dumas fils, in replica fino al 23 dicembre e abilmente diretta da Matteo Tarasco e interpretata da un’intensa Marianella Bargilli, un appassionato Ruben Rigillo affiancati dagli ottimi Silvia Siravo e Carlo Greco.
Un atto unico che in una scena essenziale, realizzata sempre dallo stesso regista, ricrea grazie al sapiente gioco di luci di Luigi Ascione, le musiche di Mario Incudine e gli eleganti costumi dell’Accademia Costume e Moda di Roma i salotti e le vie di una Parigi di metà ottocento in cui Marguerite, (Marinella Bargilli) la cortigiana più amata ed ambita dell’alta società francese, paga a caro prezzo le decisioni prese nella sua vita e che con grande dignità e coraggio rinuncia alla propria felicità per amore di Armand (Ruben Rigillo) l’unico uomo che ha veramente amato e da cui è stata amata con sincerità.
Una donna perdutamente innamorata disposta a tutto anche a perdere gli agi della sua condizione di ricca mantenuta pur di preservare quell’amore puro che la vita, quasi come riscatto per le tante sofferenze subite, benevolmente le ha offerto per poi riavere indietro con gli interessi quegli attimi di felicità vissuti accanto ad un uomo il cui unico fine è amarla indipendentemente dal suo passato.
Una storia d’amore di passione e sofferenza che grazie alla liricità delle parole del più grande romanzo francese dell’ottocento riesce, in questa particolare messa in scena, a mantenere viva l’attenzione del numeroso pubblico che non può non immedesimarsi nell’aspra denuncia sociale della condizione femminile che, ieri come oggi, sfrutta sessualmente la donna per poi relegarla ai margini facendo prevalere ruolo e status sociale. Amore e morte s’incontrano con estrema crudeltà creando un legame indissolubile tra palcoscenico e platea che non può far altro che commuoversi davanti al coraggio di una donna che accetta la condanna sociale all’eterna solitudine con la consapevolezza della fine dei suoi giorni donando all’uomo che ama quel futuro che lei non potrà più vivere.
Elisa Guccione