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Omicidio Velardi, la prova del dna inrimina il figlio

Omicidio Velardi, la prova del dna inrimina il figlio

31.05.2017.

CATANIA- Sono passati tre anni e mezzo da quel 7 gennaio 2014 giorno dell’altroce morte di Maria Concetta Velardi, la sessantaduenne uccisa al cimitero di Catania. Le indagini, portate avanti dalla questura di Catania attraverso gli agenti della squadra mobile e la polizia scientifica, hanno permesso la ricostruzione di ciò che avvenne tra le cappelle della famiglia della vittima. L’assassino della vittima potrebbe essere il figlio della donna Angelo Fabio Mata, arrestato questa mattina su delega della procura distrettuale della Repubblica di Catania con ordinanza di custodia cautelare in carcere, perchè ritenuto responsabile del reato di omicidio aggravato della madre.1392283191269.jpg--

L’uccisione avvenne all’incirca alle 15,30. L’arrestato Matà tentò in quel frangente di deviare le indagini uscendo e rientrando nel cimitero per simulare che l’aggressione fosse avvenuta mentre si trovava fuori. Il movente dell’omicidio sarebbe stato un dissidio tra la madre e il figlio.

Al momento dell’arresto ha provato a difendersi, dichiarando che quel giorno era stato dal meccanico ed anche al bar dove aveva salutato persone che non incontrava della sua quotidianità. Nonostante quest’ alibi, la polizia ha accertato che l’uomo al momento dell’omicidio si trovava dentro al campo santo.

A supporto della ricostruzione della polizia, le tracce del Dna del figlio sotto due unghia della mano della madre, ma anche le tracce di sangue della madre sotto la maniglia dello sportello posteriore destro della macchina dell’uomo che era parcheggiata nella strada davanti alla cappella. Gli schizzi di sangue macchiarono le pareti del corridoio dove avvenne l’efferato omicidio, ma molte zone vicine furono sporcate con il sangue della donna.

Le indagini successive si sono basate su numerose testimonianze acquisite man mano. Tre di queste hanno riferito di una lite violenta scoppiata fra madre e figlio, e le urla della donna.  Durante l’aggressione, la donna graffiò il figlio alla mano destra.

La vittima venne colpita in un primo momento due volte alla nuca, questi colpi non furono mortali, quindi il figlio trascinò il corpo della madre, che al ritrovamento presentò delle abrasioni sulla schiena, dietro alla cappella completando l’aggressione. Arma del delitto due grandi sassi, uno di 23 e l’altro di 18 chili, la donna venne massacrata con colpi sparsi sulla testa e altre zone del corpo.

Elisa Guccione

 

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