di Elisa Guccione
Attrice tra le più affermate del panorama teatrale siciliano Rossana Bonafede si racconta tra pubblico e privato mettendo a nudo i momenti più significativi della sua carriera. Ha lavorato, fra i tanti, accanto a Turi Ferro, Arnoldo Foà, Giulio Brogi, Orso Maria Guerrini, Massimo Dapporto, Sandra Milo, Gianfranco D’Angelo, Benedicta Boccoli, Mariella Lo Giudice, Tuccio Musumeci, Pippo Pattavina, Guia Jelo. Diretta da Giuseppe Di Martino, Romano Bernardi, Antonio Calenda, Armando Pugliese, Patrick Rossi Gastaldi, Claudio Insegno, Sergio Iapino, Gianni Salvo, Francesco Randazzo e Guglielmo Ferro per una vita spesa e vissuta per e con il palcoscenico.
Quali sono i ricordi più significativi della sua quarantennale carriera?
“Ho iniziato a recitare quando ero poco più che una ragazzina, quando Arnoldo Foà mi volle a suo fianco per “La Roba” di Verga. Dopo la scuola di recitazione del teatro stabile di Catania, diretto all’epoca da Mario Giusti, iniziò il mio lungo e meraviglioso viaggio nel mondo del teatro che, ad ogni tappa, mi ha regalato esperienze ed emozioni indelebili, permettendo la mia crescita umana ed artistica. Rifarei ogni cosa senza alcun tentennamento”.
La sua vita è cambiata a causa di un brutto incidente stradale, che l’ha messa a dura prova umanamente e professionalente…
‘Era il 2019. Mi stavo recando in studio di registrazione per un turno di doppiaggio. Una macchina mi è arrivata addosso, mentre attraversavo sulle strisce pedonali. Frattura scomposta del femore e una parte del nervo sciatico tranciato. Sono rimasta viva per miracolo. Da quel momento ho subito due interventi e, per tre mesi, sono stata ricoverata. Ho iniziato una lunga fisioterapia che, con determinazione e qualche momento di sconforto, mi ha permesso di riprendere in mano la vita, che è davvero il dono più prezioso che abbiamo. Oggi sto meglio, ho ripreso a camminare. Mi sembra un vero miracolo. Continuo a fare ginnastica tutti i giorni, per migliorare sempre più l’efficienza e la stabilità del mio corpo. Non vedo l’ora di ritornare sul palcoscenico che, per un’artista, rappresenta la vita.
Dopo l’incidente ha dovuto fare i conti con la pandemia …
“E’ un momento terribilmente difficile per tutti e per gli artisti, privati del palcoscenico e delle relazioni, forse lo è ancora di più, soprattutto in mancanza di una attendibile previsione di ripartenza. La gestione politica della pandemia, a mio parere, ha contribuito a spezzare le gambe ad un intero comparto che era già stato fortemente provato dalla crisi degli ultimi anni. Mi auguro che questa sciagura abbia presto una fine. Al momento dobbiamo continuare a sperare, a resistere, ad essere forti, evitando inutili dissapori”.
In questi mesi si è parlato spesso dei lavoratori dello spettacolo. Qual è la sua opinione sull’attuale condizione del teatro siciliano?
“Il tempo segnato dal Covid ha permesso ad un intero comparto di ritrovarsi e di far quadrato come mai, a mia memoria, era capitato in passato. E’ stato fatto un grandissimo lavoro da Luigi Tabita, il nostro rappresentante sindacale SLC CGIL, grazie al quale abbiamo individuato strategie operative per ripartire e molti lavoratori dello spettacolo hanno potuto beneficiare di alcuni indennizzi con cui sono riusciti ad andare avanti. La strada è ancora in salita e le previsioni non sono rosee. Tuttavia, insieme a molti colleghi di buona volontà, abbiamo buttato il cuore oltre l’ostacolo facendo sentire la nostra voce. E’ un momento in cui tutti devono fare la propria parte, senza se e senza ma”.
Nella sua carriera ha lavorato per un quarto di secolo al Teatro Stabile di Catania. Ci spiega la sua posizione sulla recente polemica, che ha visto protagonista l’attuale direzione dell’Ente a seguito di alcune dichiarazioni rilasciate ai giornali?
“Non conosco bene la signora Sicignano, anzi direi che non la conosco affatto visto che non mi ha mai ricevuta nonostante più volte abbia chiesto un incontro. Ero contenta di vedere, per la prima volta, una donna in un ruolo così prestigioso all’interno di un teatro dalla grande storia e tradizione artistica. Con il passare del tempo ho dovuto prendere atto che molti attori che hanno fatto grande il tsc non sono mai stati ricevuti, altri che avrebbero ed hanno tutte le carte in regola per offrire un contributo significativo ed artisticamente qualitativo, non sono mai stati presi in considerazione. La direzione artistica di un teatro pubblico, secondo me, ha dei doveri precisi, non ultimo la conoscenza delle realtà professionali del territorio. Quando ho fatto rilevare questa lacuna attraverso i social mi é stato recapitato un atto di citazione.
In questi ultimi mesi ho letto interviste coraggiose rilasciate da molti colleghi e moltissime dichiarazioni sui diversi social. Questi artisti che, elegantemente, hanno fatto trasparire il proprio disagio, ad oggi non sono mai stati considerati dallo stabile catanese. Penso che senza conoscenza e confronto concreto non possa esserci cambiamento né futuro. Non è accettabile che lavorino sempre e soltanto una piccola schiera di eletti che, per quanto validi, non sono gli unici portavoce della dimensione artistica e culturale della città. C’è un universo sommerso che un buon direttore artistico ha il dovere di scovare e di valorizzare nell’interesse del teatro che dirige e dell’intera comunità di cui è ospite”.
Progetti e speranze per il prossimo futuro?
“Mi auguro che tutti possiamo tornare a riprenderci quanto prima la vita che amavamo e che continuiamo ad amare. Mi manca tanto il teatro ma sono fiduciosa per natura. Con alcuni bravissimi colleghi stiamo lavorando ad un paio di progetti artistici che allestiremo non appena sarà possibile tornare nelle sale. Mi sento artisticamente legata a Nicola Costa, Carlo Ferreri, Evelyn Famà, Filippo Brazzaventre, Agostino Zumbo, Debora Bernardi, Alice Ferlito tutti artisti strepitosi con i quali faremo prestissimo grandi cose”.
Elisa Guccione