Ph Alessandro Vitiello
CATANIA – Peppe Barra è da lustri protagonista, regista e autore de “La Cantata dei Pastori”, opera in due atti per la quale il grande artista napoletano si è liberamente ispirato all’omonima opera teatrale sacra di Andrea Perrucci, drammaturgo e librettista palermitano di nascita e napoletano d’adozione, vissuto nella seconda metà del Seicento. Lo spettacolo, oggetto negli anni di costanti innovazioni evolutive, è atteso al Teatro Bellini di Catania dal 15 al 22 dicembre per concludere in bellezza la stagione 2016. Ed ecco la peculiarità: per la prima volta la “Cantata dei pastori ” si trasforma per l’occasione in Opera Lirica, come meglio vedremo. Con Barra (nel ruolo di Razzullo), agiscono in scena Salvatore Misticone(Sarchiapone), Patrizio Trampetti (Cidonio/Diavolo Oste), Maria Letizia Gorga (Zingara/Gabriello), Giacinto Palmarini (Demonio), Fabio Fiorillo(Ruscellio), Francesco Viglietti (Armenzio), Andrea Carotenuto(Giuseppe), Chiara Di Girolamo (Maria Vergine) e il piccolo Giuseppe De Rosa (Benino). Le musiche sono di Carmelo Columbro, Lino Cannavacciuolo e “La canzone di Razzullo” di Roberto De Simone. Direttore Carmelo Columbro. Coro e Orchestra del Teatro Massimo Bellini. Le scene sono di Tonino Di Ronza, i costumi di Annalisa Giacci, le coreografie di Erminia Sticchi, assistenti alla Regia Francesco Esposito eGennaro Monti.
La Cantata dei Pastori (ovvero “Il vero Lume tra le ombre” ovvero “La spelonca arricchita per la nascita del Verbo Umanato”) racconta le traversie di Giuseppe e Maria per giungere al censimento di Betlemme e gli ostacoli che la santa coppia dovrà superare prima di trovare rifugio nella grotta della Natività. Nel difficile viaggio vengono accompagnati da due figure popolari napoletane, Razzullo, scrivano assoldato per il censimento, e Sarchiapone, “barbiere pazzo in fuga per omicidio”. Come nasce la Cantata? Immaginiamo di trovarci in una Napoli barocca, trasudante sesso e aromi, nonché sensualità orientale, perché era una città cosmopolita, lo è sempre stata. I rituali che si facevano erano più legati alla magia e alla lussuria piuttosto che alla tradizione cristiana e partenopea. Un ceppo clericale, i Gesuiti, nel 1698 commissionò all’abate Andrea Perrucci una sacra rappresentazione per allontanare il popolo napoletano dagli spettacoli blasfemi che si facevano in quel periodo. Ma in poco tempo divenne un fenomeno diverso: il popolo se ne appropriò trasformandola in qualcosa di molto più blasfemo e profano di quanto i Gesuiti mai avrebbero voluto. Oltre al personaggio comico di Razzullo , il popolo inserisce un’altra figura per il proprio divertimento, Sarchiapone. La Cantata divenne così scurrile che nel 1889 ne fu sospesa la rappresentazione con un editto cardinalizio, tanto da far dire, poi, a Benedetto Croce che l’opera «era finita e non sarebbe stata rappresentata mai più». Ma non fu così. Infatti la Cantata continuò ad essere rappresentata, prima clandestinamente, poi nei teatrini di quartiere e negli oratori parrocchiali fino al 1974 quando Roberto De Simone la fece riscoprire al grande pubblico.
Sono passati oltre quarant’anni e da allora non c’è Cantata dei Pastorisenza Peppe Barra. Lui, negli anni, ha rimaneggiato e riscritto la Cantata , presentando sempre allestimenti innovativi e al tempo stesso fedeli alla tradizione. Ora, grazie all’invito del Teatro Massimo Bellini di Catania, per la prima volta si configura come Opera Lirica, dimostrando ancora una volta di essere con la sua porosa vitalità il testo più longevo della tradizione del teatro barocco napoletano. L’evoluzione strutturale dell’Opera, nel corso dei secoli, ha coniugato la prosa con l’inserimento di una struttura musicale. Dal 1974 a oggi tanti sono stati i compositori che hanno avuto la possibilità di rinnovare e arricchire la rappresentazione. L’allestimento che oggi riproponiamo si arricchisce con nuove visioni musicali assumendo l’originale struttura di un’opera lirica, sostenuta da un ampio organico che prevede solisti (gli stessi attori), orchestra e coro. Lasciando inalterato l’impianto testuale con le forme prosodiche utili all’avanzamento della narrazione, le parti musicali (Arie, Duetti, Terzetti, brani corali e Concertati) verranno predisposte al fine di enfatizzare e sottolineare le drammatizzazioni sceniche e letterarie. In tal modo le suggestioni di una vicenda sacra, che tanta influenza e ispirazione ha sortito sulla storia della musica, verranno evidenziate, riannodando i fili della nostra memoria musicale, con un racconto sonoro che si dipana presentando brani, colti e popolari, antichi e contemporanei con musiche originali, visti secondo il nostro sentire odierno in una lettura che ancor oggi consacra la bellezza di una storia intramontabile. In scena Peppe Barra è impegnato a creare contrasti recitati, cantati e mimati, attraversando gloriosamente tutta la tradizione e regalando perle musicali e comiche, pezzi raffinati e cose più andanti dal sapore popolare: una girandola di puro teatro che assomiglia più ai fuochi d’artificio di un Natale napoletano.