di Elisa Guccione
CATANIA – Quale sarà il futuro dei 35 dipendenti del Teatro Stabile e delle loro famiglie che da sei mesi non ricevono stipendio? Continua, senza sosta, la protesta dei lavoratori che dal 17 aprile hanno deciso di incrociare le braccia e bloccare la produzione degli spettacoli.
Intanto sul palcoscenico del Verga vanno in scena striscioni con frasi di Mario Giusti o Pippo Fava che invocano aiuto e sostegno. Antonio Giardinieri esponente dei scioperanti dichiara: “Ci auguriamo che si giunga a breve ad una soluzione condivisa. La chiusura di un Teatro così importante per la città si può paragonare alla chiusura di tre scuole e due commissariati di polizia. Ogni teatro aperto è presidio di legalità”.
I sindacati Slc Cgil, Fistel Cisl, Uilcom Uil e Ugl Spettacolo hanno cercato più volte di sottoporre al Cda, al sindaco Enzo Bianco e all’assessore regionale allo spettacolo Antony Barbagallo la preoccupante e difficile situazione dell’Ente Etneo che se non verrà risolta al più presto, con una particolare attenzione da parte del governo nazionale, si potrebbe arrivare a scrivere la parola fine alla lunga e gloriosa storia del Teatro Stabile.
I segretari Davide Foti, Antonio D’Amico, Giovanni Nicotra e Cosimo Fichera: “Stiamo attendendo di conoscere l’esito dell’ispezione inviata dall’Assessorato regionale del Turismo, ma non possiamo fare a meno di notare come ormai nel Cda si reciti a soggetto ed ogni componente cerchi di mettersi in mostra dicendo la propria e muovendosi in un quadro dalle tinte sempre più fosche. In più anche il Ministero ha fatto la voce grossa rimarcando la mancata nomina, da parte dei soci, della “quota rosa” all’interno dello stesso consiglio. Ancora oggi inoltre continuiamo ad assistere al ridicolo tira e molla sulla nomina del nuovo direttore artistico. Di fronte ad un simile scenario non possiamo ignorare il totale abbandono, dal punto di vista economico, delle istituzioni socie. Basti ricordare, infatti, i 90 mila euro che il Comune deve ancora trasferire, l’assenza di stanziamenti da parte della ex Provincia regionale e la Regione Sicilia che, invece di intervenire, temporeggia adducendo come motivazione le ispezioni. Siamo davvero arrivati all’ultimo atto prima che cali definitivamente il sipario su questo storico teatro. Un finale drammatico che vogliamo venga evitato con l’incisivo intervento del governo nazionale affinchè azzeri tutto nominando un commissario governativo per ricominciare partendo soprattutto dal principio fondante di consegnare l’ente teatrale nelle mani di seri professionisti, lasciando così fuori dalla porta la politica che tanto male ha fatto allo sviluppo di un dei più importanti poli culturali d’Italia”.
Sono giorni tristi e dolorosi quelli dello Stabile di Catania fondato nel 1958 da Mario Giusti e Turi Ferro, che segnano l’agonia di un teatro che non può non deve morire tra una serie di accuse su chi ha distrutto un giocattolo ormai logoro dal gioco della politica.
Elisa Guccione