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Teatro Stabile, Vincenzo Pirrottain scena il dittico L’uomo dal fiore in bocca e l’epilogo Nella mia carne

Teatro Stabile, Vincenzo Pirrottain scena il dittico L’uomo dal fiore in bocca e l’epilogo Nella mia carne

03.11.2019.

CATANIA – «Il desiderio di entrare dentro l’angoscia che dilania “l’uomo dal fiore in bocca” mi ha spinto ad indagare un testo del 1923 su una via contemporanea, ricercandone la modernità: la condizione dei malati terminali cui viene dato un tempo e che oggi si sono moltiplicati dagli anni di Pirandello. Lo sviluppo di questa idea condurrà ad una seconda parte, che prenderà vita dopo l’uscita di scena dell’avventore per l’arrivo del suo treno». Così Vincenzo Pirrotta, artista siciliano di fama internazionale che non ha certo bisogno di presentazioni, riassume il percorso creativo drammaturgico che, partendo dal celeberrimo atto unico del Girgentano L’uomo dal fiore in bocca, lo ha condotto a concepire e scriverne il sequel, anzi l’epilogo in sette movimenti, Nella mia carne.

Ed è motivo di soddisfazione che il dittico sia approdato sulle scene grazie alla coproduzione nata nel segno di una collaborazione internazionale tra il Teatro Stabile di Catania e Complejo Teatral de Buenos Aires, come evidenziano Carlo Saggio, presidente dello Stabile etneo, la vicepresidente Lina Scalisi e il direttore Laura Sicignano. Il risultato è uno spettacolo enigmatico e intenso, che ha di recente debuttato nel teatro argentino e sarà rappresentato dal 5 al 17 novembre al Verga; in primavera la tournée nazionale.

Vincenzo Pirrotta firma anche regia e scene, mentre i costumi sono di Riccardo Cappello. Pirrotta riveste altresì il ruolo del protagonista. Ad affiancarlo in scena è Giuseppe Sangiorgi, attore siciliano di teatro con importanti esperienze cinematografiche (Nuovomondo di Crialese a La mafia uccide solo d’estate di Pif, per non citarne che alcune) e televisive. Affidate al talento di Luca Mauceri, le musiche originali diventano parte integrante della messinscena. Gaetano La Mela cura le luci, Luigi Leone l’audio.

In concomitanza delle rappresentazioni, il foyer del Verga ospiterà la mostra “I Pirandello. La famiglia e l’epoca per immagini” a cura di Sarah Zappulla Muscarà ed Enzo Zappulla. La mostra e il relativo catalogo (La nave di Teseo, 630 foto) narrano, attraverso una straordinaria, completa, rara o, in gran parte, inedita raccolta di foto, la parabola esistenziale e artistica del grande agrigentino. E non solo. Un “romanzo iconografico”, sul filo della memoria, la storia di una delle più complesse e tormentate famiglie che ha ricoperto un ruolo di primo piano nella cultura internazionale fra Otto e Novecento, in cui le vicende private s’intrecciano con quelle di un’epoca che vive eccezionali fermenti innovativi.

Sottolinea il presidente del TSC Carlo Saggio: «Questo confronto tra Vincenzo Pirrotta, lo Stabile catanese e l’opera pirandelliana sancisce anche la collaborazione con uno dei più importanti teatri argentini, Complejo Teatral de Buenos Aires, che collabora alla produzione dello spettacolo. È questo un primo prestigioso passo verso la ricollocazione del TSC nel panorama internazionale.»

«Il Pirandello di Pirrotta – osserva la vicepresidente Lina Scalisi – è una straordinaria prova d’attore e, al tempo, un confronto serrato con uno dei testi più celebrati dalla drammaturgia internazionale. Lo Stabile continua così il suo lavoro di messa in scena dei grandi Autori di una Sicilia che è sempre stata al centro della scena culturale del tempo, capace di coinvolgere e di emozionare il pubblico coniugando tradizione e innovazione.»

Come dichiara il direttore Laura Sicignano: «Vincenzo Pirrotta, indiscutibile artista siciliano, eclettico, potente, innovatore, ma a suo agio anche tra i classici, eccellente a teatro e al cinema, interpreta un capolavoro difficile e lo reinterpreta nella drammaturgia. È questa un’ulteriore e prestigiosa tappa del percorso comune dello Stabile di Catania con Vincenzo Pirrotta, cui vorremmo ne seguissero altre.»

Pirrotta indaga dunque la modernità della pièce pirandelliana e apre, nella riscrittura drammaturgica, sette finestre su sette vite inventate: proprio quelle che l’uomo dal fiore in bocca avrebbe voluto vivere. L’artista racconta tutta la frenesia e l’angoscia di quell’uomo che si aggrappa alla banalità del quotidiano per cercare di rintracciare una superiorità della vita sulla morte. Su una scena buia, in una anonima stazione della provincia siciliana, il protagonista dialoga con l’avventore, interpretato da Giuseppe Sangiorgi, mentre incombe sui due una luce viola che si abbassa lentamente, fino a rivelare la sua forma: è un fiore, dal nome dolcissimo eppure terribile: epitelioma.

«Dopo una pausa di silenzio e sospensione, – scrive ancora Pirrotta nelle note allo spettacolo – la scenografia, costituita da pareti mobili di lastre di raggi X, si stringerà attorno all’uomo dal fiore in bocca in un movimento continuo e lento, ponendolo in una condizione sempre più claustrofobica. Da questo momento racconterà i suoi ultimi sette giorni. Tra un giorno e l’altro, tra una vita e l’altra, mostrerà sempre più l’avanzare della malattia e il suo consumarsi.

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