Siamo sempre più convinti che, mentre la drammaturgia siciliana stenta – e non poco – a trovare nuovi autori per la scena contemporanea, quella partenopea, di converso, riesce ad tenere il passo con lucida e attenta visione di ciò che il pubblico gradisce maggiormente. Di questa tendenza, ne ha tratto profitto la compagine etnea del “Liotru” che ha proposto un spassosa pochade dei due fratelli, partenopei, Gaetano ed Olimpia di Maio, che nella traduzione – decisamente ben strutturata di Franco Blundo – dal titolo “Minico Belvedere testimone cieco”, ha trovato una dimensione altrettanto spassosa rispetto alla stesura originale. Pur nella semplicità della trama che verte su una ipotetica testimonianza che un mendicante, finto cieco che dovrebbe rendere agli inquirenti, essendo stato involontario testimone di un omicidio nei pressi della villa comunale etnea, l’escursus scenico riesce ad essere coinvolgente. L’invo-lontario testimone, manco a farla a posta, vive assieme alla famiglia, in un popolare e popoloso quartiere cittadino, dove si muove (proprio come nei “bassi” napoletani”) un mondo assolutamente antitetico ma non meno umano e pieno di fantasia rispetto ai “quartieri alti”. Manco a dirlo, il tutto finirà nel migliore dei modi e con grande soddisfazione dei protagonisti, come nella migliore tradizione scenica del teatro siculo-partenopeo. A coordinare quasi una ventina di interpreti è stato un veterano – è proprio il caso di dirlo – delle scene catanesi: Santi Consoli che siamo assai propensi a pensare che abbia avuto il suo bel da fare ad assemblare un mix di attori di indubbia valenza scenica, con altrettanti la cui la mancanza d’esperienza in alcuni momenti è stata sopperita con l’ausilio di trovate ed escamotage che la mano sapientemente esperta della regia ha velato alla grande. Mattatrice assoluta Rosalba Ruggeri, consorte del mendicante cieco, la cui misura interpretativa non è mai risultata eccessiva e tracimante riuscendo assai bene ad essere spassosamente brillante e nel finale dolcissimamente materna. Abbastanza credibile il Minico di Aldo Seminara, come pure tra i ruoli minori ben si sono distinti Salvo Russo nel ruolo del “malamente” che in effetti ha ucciso per legittima difesa; Debora Sorbello e Katia Spitaleri due caratterizzazioni espresse con disinvoltura ed equilibrio. Emanuela Sturnio e Francesco Puglia pur con evidente immaturità scenica hanno colorito assai spiritosamente i loro personaggi. Il resto dell’assai nutrito cast Antonio Liotta, Marianna Muscari, Corrado Massara, Santa Azzarelli, Franco Blundo, Giorgia Greco, Carmelo Corso, Serafina Aiello e giovanissimi Marisol Belfiore e Damiano Massara hanno guadagnato una onesta quanto meritata sufficienza. Nell’impianto scenico, di Enzo Merola, discretamente adeguato alla situazione, hanno fatto spicco alcune chicche di oggetti vintage (dal quotidiano alla caffettiera, dal denaro al servizio di liquore, ed altro ancora) che il mondo amatoriale assai spesso non presta soverchia attenzione. L’impianto scenico non ha avuto nelle luci di Vito Mammana un adeguato supporto, ma è anche vero che dal teatro amatoriale, “la luna” non la si può pretendere, anche se il – poco – pubblico presente in sala (l’inizio dell’estate si è fatta sentire) ha gratificato, con convinti applausi al proscenio gli attori per i ringraziamenti.