CATANIA – È una Catania ancora più viva del solito quella di questi giorni: i cittadini sono pronti per riabbracciare nuovamente la loro Agata, la santa patrona del capoluogo etneo, e tutto quello che verrà dal 3 al 5 febbraio, sarà solo una grande festa.
Ci sono i cerei votivi, detti “candelore”, che stanno iniziando i loro primi balletti in giro per la città e i palazzi di rappresentanza sono già “vestiti bene” con tendaggi rossi su cui sono incise le “A” di“Aitina” in bella vista, pronte a testimoniare il grande amore di ogni devoto nei confronti della “picciridda”.
Una commistione tra il sacro ed il profano che ogni anno rende tutto davvero magico; determinando un successo, anche turistico, che ogni volta supera le edizioni precedenti e che ha fatto conoscere la tradizionale festa di Sant’Agata in giro per il mondo come la terza più importante in tutto il globo.
Fervono quindi i preparativi, ma i luoghi di culto dedicati ad Agata sono davvero tanti, sparsi in tutto il perimetro del centro storico. Oggi vogliamo fare, insieme con voi, un viaggio virtuale in mezzo all’aria frizzante che si respira, scandito dai primi botti e dalle musiche allegre delle bande che già iniziano a scaldare i propri strumenti.
Partiamo dalla Chiesa di San Biagio, che sorge all’estremità occidentale di piazza Stesicoro, anche conosciuta come Chiesa di Sant’Agata la Fornace. È il luogo da cui ogni anno, al mezzogiorno del 3 febbraio, giorno inaugurale della festa di Sant’Agata, si muove il corteo solenne dei vescovi e dei rappresentanti del governo cittadino che vanno al Duomo per offrire la cera a Sant’Agata. La cerimonia ha inizio quando, il sindaco e le altre autorità raggiungono la chiesa di S. Biagio con la “carrozza del Senato” (in legno decorato e risalente al XVIII secolo) e si snoda lungo la via Etnea a suon di trombe e tamburini suonati da valletti vestiti in costume settecentesco che portano cera e fiori.
Ci spostiamo, quindi, al Duomo, la Cattedrale di Sant’agata, dedicato proprio alla patrona, ma anche alla vergine e martire. La Cappella di Sant’Agata si trova nell’abside destro: la vita della patrona è anche il soggetto delle sculture negli stalli del presbiterio. Nella parete sinistra della cappella, si apre la porta dorata finemente decorata che da accesso alla camera sotterranea chiamata dai catanesi “a cammaredda”, dove vengono custoditi il busto reliquiario di Sant’Agata e lo scrigno con le sue reliquie.
Dal Duomo percorriamo la via Vittorio Emanuele fino a portarci a palazzo Platamone, detto anche “Della Cultura”, in cui una parte è stata dichiarata la casa dove la giovane Agata ha vissuto senza che questa leggenda abbia mai trovato alcuna prova fondata. Come già scritto si è trattato con certezza della residenza della famiglia nobiliare Platamone, che poi divenne un convento e, alla fine, venne requisita ed adattata a sede dei pompieri e della nettezza urbana: “c’è stato proprio di tutto tranne che la residenza della martire” ha dichiarato chi lavora lì.
Risaliamo tutta la via Etnea e giriamo a sinistra fino a giungere a alla Chiesa di Sant’Agata al carcere. Si tratta di un luogo veramente suggestivo in cima a via del Colosseo a Catania. La particolarità è un portale realizzato circa ottocento anni fa, e cioè in pieno medioevo. La chiesa è poggiata in alto e fa da sfondo come in una scenografia teatrale, preceduta da un’ampia scalinata. Entrando nella parte destra della zona antica, accanto al cancelletto da cui si accede al Santo Carere, si trovano due lastre di pietra lavica che, secondo la tradizione, apparterrebbero ad Agata che proprio lì venne imprigionata, prima di subire il martirio, nel gennaio del 251. In una di queste, sono impresse le orme di due piedi che, secondo la tradizione, furono lasciate dalla Santa sulla soglia della prigione quando vi fu spinta per esservi rinchiusa. Nella stessa Chiesa è conservato il coperchio di una piccola cassa di legno in cui le reliquie di Sant’Agata furono condotte a Catania dalla vicina Acicastello, dove nella famosa notte del 1126 si erano fermati per riposare i due soldati Gisiliberto e Gioselino, reduci da un lungo e tormentato viaggio che li aveva portati fino a Costantinopoli, allo scopo di riportare in patria le Sacre Reliquie. Sul lato destro interno alla Chiesa si trova una stanza che è considerata da sempre “il carcere di Sant’Agata” da cui prende il nome la chiesa. Si tratta di una stanza lunga quasi sei metri e larga poco più di due, dotata di una sola piccola finestrella.
Continuando nel percorso e salendo ancora più in alto si arriva alla Chiesa di Sant’Agata la Vetere che sorge sul luogo un tempo occupato dal Pretorio romano. La prima edicola risale quasi certamente al 264, circa 12 anni dopo la morte di Sant’Agata, riedificata intorno al IV–V secolo d.C., è diventata chiesa “primaziale” stabilendovi il Vescovo la sua cattedra. Nel 778 la chiesa viene ricostruita in forma basilicale a tre navate. All’interno della chiesa si possono ammirare numerosi monumenti relativi alla figura di Sant’Agata e visitare suggestivi luoghi sotterranei tra i quali una cripta, due colatoi e numerosi altri ambienti riutilizzati in epoche successive. L’11 aprile 2005 è stata certificata dalla Soprintendenza ai Beni Culturali di Catania come Bene Culturale di interesse storico artistico. Passata la porta si vedono nel vestibolo 6 cerei che si portano processionalmente in città per la festa di S. Agata, nonché una bussola in legno con grate indorate ed un’aquila bicipite scolpita (stemma del vescovo Pietro Galletti).
C’è stato un periodo nel ’700 in cui si faceva quasi a gara per creare dei centri di ritrovo, per dare una mano alle ragazze madri, ai bimbi orfani ed ai giovani diseredati: tra questi c’era anche ilConservatorio delle verginelle di Sant’Agata, in via Teatro Greco. La prima Chiesa risale a prima del terremoto del 1693 che distrusse Catania, parliamo del 1550, poi venne completamente rasa al suolo dalla forza del sisma e ricostruita, qualche anno più tardi per volere del principe di Gisira.
Da via Teatro Greco ci spostiamo nuovamente in via Vittorio Emanuele alta, verso la Porta Garibaldi, meglio conosciuta dai catanesi come “U Futtinu” e arrestiamo la nostra passeggiata davanti alla Chiesa Sant’Agata le Sciare. La nascita risale all’eruzione del 1669, quando un quadro della Madonna che era contenuto in un’edicola votiva fu trasportato dalle lave senza bruciarsi: partì dalla zona del Convento dei Cappuccini e si fermò proprio dove oggi sorge la Chiesa. Fu distrutta dal terremoto del 1693 e nel 1700 fu ripristinata nuovamente. Sono pochi gli eletti che sono riusciti a farvi accesso, la Chiesa è chiusa da anni.
Facciamo inversione di marcia e percorriamo via Vittorio Emanuele verso piazza Duomo, superando i meravigliosi vicoletti che rendono il centro storico di Catania davvero unico. Proseguiamo fino a giungere alla Cappella della Madonna delle Grazie la cui origine è davvero particolare. La leggenda infatti narra che quando ci fu lo scontro tra impero e papato, Federico II di Svevia, re di Sicilia ebbe la meglio su Papa Gregorio IX e mandò a morte tutti i catanesi che si erano alleati con il Papa. Così questi fedeli chiesero, prima di morire, di assistere per l’ultima volta alla messa in Cattedrale. Federico II accettò e decise anche di partecipare, ma ad un certo punto apparve una scritta di fuoco che diceva “Non offendere la patria di Agata, perché è vendicativa con le offese”, sempre secondo la leggenda Federico II tramutò la pena di morte in un atto di sottomissione e fece costruire un arco di spade sotto al quale i catanesi furono costretti a passare come atto di sottomissione. Poi, per ringraziare Sant’Agata i catanesi costruirono quella cappella.
Concludiamo il nostro viaggio virtuale davanti alla Statua che si trova in via Dusmet e che rappresenta, in basso rilievo Sant’Agata. Da poco ripulita, dopo il recente atto vandalico che ha suscitato l’indignazione del sindaco Bianco insieme con tutti i suoi cittadini. Pare che sorga proprio lì in ricordo della partenza delle navi che da Catania portarono le spoglie di Agata fino a Costantinopoli.
Siamo coscienti che un viaggio virtuale non può mai essere paragonato a quello emozionante ed unico dell’esperienza diretta: la festa va vissuta, odorata e assaporata. “Aitina” va ammirata, ma soprattutto va ascoltata. Credenti o meno, la festa della santa patrona di Catania è un’esperienza da vivere senza remore e senza pregiudizi, quindi auguri a tutti catanesi e non: che la festa abbia inizio.