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«Veronica omicida lucida e spietata»  Ecco perché è stata condannata

«Veronica omicida lucida e spietata» Ecco perché è stata condannata

06.01.2019.

«Omicida lucida e spietata», che avrebbe «potuto anche salvare» il bambino «chiedendo aiuto» ma anche «bugiarda» per depistare. Ricalca la sentenza di primo grado del Gup di Ragusa anche nelle motivazioni la decisione della Corte d’Assise di Appello di Catania che ha confermato la condanna a 30 anni di reclusione per Veronica Panarello, riconosciuta colpevole dell’omicidio del figlio Loris Stival, di 8 anni, assassinato il 29 novembre 2014 a Santa Croce Camerina.

Nelle 147 pagine depositate l’8 novembre scorso, ma del cui contenuto si è appreso oggi, i giudici ritengono che la donna abbia agito «scientemente e lucidamente, senza esitazioni di sorta, per sopprimere quella giovanissima vita da lei generata».
Ma non solo. La Corte sottolinea come la donna «ha dimostrato l’assenza di qualsivoglia forma di resipiscenza subito dopo la commissione dell’orribile crimine, omettendo di attivarsi in qualche modo per salvare il figlio che era ancora in fase agonica, chiamando i soccorsi o invocando l’aiuto di altre persone».

Al contrario, avrebbe agito «senza alcuna ‘pietas’ secondo il piano poco prima prestabilito», ma non premeditato, per «cercare di eliminare le tracce del delitto con l’occultamento del cadavere di Loris e addirittura simulando una violenza sessuale ai danni del bambino da parte di ignoti per depistare le indagini».

Il movente, ricostruisce la Corte, sarebbe da ricondurre a «nodi conflittuali nella sfera familiare ed alle conseguenti sensazioni di profonda angoscia e d’ansia della Panarello, che hanno agito come una miccia, innescando nella donna una fortissima rabbia in relazione ad un comportamento di Loris, avvertito come pericoloso o troppo fastidioso, tale da scatenarle l’impulso di metterlo a tacere».

Nella valutazione psicologica da madre, Veronica Panarello è “bocciata” dai giudici che la considerano concentrata nel “bisogno di auto-centrare le relazioni affettive sui propri bisogni piuttosto che nel riconoscimento dei bisogni dei figli». Il suo legale, Francesco Villardita, ha confermato che presenterà ricorso in Cassazione.

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